In data 16 febbraio 2024 si è tenuta la prima udienza del Processo Civile nei confronti di Eni S.p.A, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A e del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quella che gli Attori definiscono la “Giusta Causa”.
L’udienza, su indicazione del Giudice, si è svolta senza la comparizione delle parti ma attraverso lo scambio di brevi note. All’esito dell’udienza, il giudice si è riservato di decidere in merito alle istanze istruttorie formulate dalle parti.
Successivamente all’avvio del procedimento con la notifica dell’atto di citazione nel maggio 2023 e alla costituzione in giudizio di Eni e delle altre convenute, in conformità al nuovo rito civile introdotto dalla cosiddetta Riforma Cartabia, le parti hanno depositato le proprie memorie istruttorie e la documentazione a supporto delle rispettive argomentazioni. Per quanto riguarda il materiale depositato da Eni e dai suoi consulenti, è consultabile interamente all’interno di questa pagina nella sezione “Documentazione”, ad ulteriore testimonianza della trasparenza che ha sempre caratterizzato l’operato dell’azienda.
Di seguito forniamo una breve sintesi della documentazione prodotta da Eni con le proprie memorie difensive.
Con la prima memoria depositata il 5 gennaio 2024, Eni ha prodotto due relazioni tecniche che dimostrano come la transizione energetica sia un obiettivo globale e “di sistema” che richiede scelte politiche coordinate a livello internazionale e che gli scenari IPCC e IEA considerati dagli attori come traiettorie vincolanti hanno in realtà una pura funzione descrittiva di possibili scenari di decarbonizzazione legati a specifiche assunzioni relative a policy pubbliche e all’andamento della domanda di fonti fossili. In nessun modo tali traiettorie possono costituire un parametro di riferimento per valutare la responsabilità di un’impresa o di un comparto industriale. Il carattere globale delle traiettorie – che considerano tutte le fonti fossili e le emissioni riferite all’intero pianeta – esclude che le stesse possano costituire un riferimento per la misurazione del piano di decarbonizzazione di una singola impresa. In ogni caso, la documentazione prodotta in giudizio da Eni dimostra che il piano di decarbonizzazione definito da Eni è pienamente coerente e in linea con gli obiettivi definiti dagli scenari internazionali, in primo luogo il Net Zero al 2050.
La prima relazione, a firma del Dott. Carlo Stagnaro, ripercorre nel dettaglio l’evoluzione storica degli accordi internazionali in materia di lotta al cambiamento climatico individuandone i principi fondamentali. La relazione prodotta dal Direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni richiama la posizione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia che ha più volte ribadito che il percorso verso la decarbonizzazione dovrà necessariamente essere graduale, poiché trasformazioni non ordinate rischiano di generare effetti negativi dal punto di vista dell’equità sociale o della sicurezza energetica. Pertanto, il ruolo principale nella definizione di un percorso di decarbonizzazione efficace deve essere assunto dagli Stati, che devono definire delle politiche pubbliche finalizzate a promuovere la riduzione delle emissioni, sia con azioni dal lato dell’offerta, sia con azioni dal lato della domanda.
Ne consegue che le imprese hanno un controllo solo limitato e parziale delle emissioni generate indirettamente, in particolare per quanto riguarda le c.d Emissioni Scope 3 derivanti dall’utilizzo dei prodotti da parte dei soggetti posti a valle delle imprese produttrici di fonti fossili.
La seconda relazione è stata invece affidata al Prof. Ing. Stefano Consonni, ordinario di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente presso il Politecnico di Milano. Il documento esamina tutti i principali scenari globali di decarbonizzazione, compresi gli Scenari IPCC e lo Scenario IEA, seguendone l’evoluzione nel tempo: questi scenari, si legge, assumono una pura funzione illustrativa e si differenziano in funzione delle differenti assunzioni demografiche, macroeconomiche, tecnologiche e di policy poste a base degli stessi.
Entrambe le relazioni tecniche confermano inoltre l’illogicità ed erroneità metodologica del confronto tra le traiettorie globali di decarbonizzazione e la traiettoria di decarbonizzazione di una singola impresa, quale Eni.
Nell’ambito delle suddette relazioni tecniche è stata analizzata anche la strategia di decarbonizzazione di Eni, risultato di un percorso evolutivo di carattere volontario iniziato ancor prima del 2015 che oggi prevede l’attuazione modulare di diverse leve di decarbonizzazione attraverso molteplici iniziative. Sul punto le relazioni concludono confermando quanto già dimostrato con la comparsa di costituzione ovvero che la strategia di decarbonizzazione di Eni risulta pienamente coerente e in linea con gli obiettivi definiti dagli scenari internazionali, in primo luogo il Net Zero al 2050, come peraltro attestato dai numerosi riconoscimenti ricevuti dall’azienda.
Fin da subito, le ONG promotrici dell’Azione – riprese da alcuni organi di stampa - hanno criticato la presunta inattendibilità degli autori delle consulenze tecniche, con accuse tanto infondate quanto pretestuose.
Si tratta, anche in questo caso, di deduzioni irrilevanti ed infondate consistenti in meri attacchi personali rivolti al Dott. Carlo Stagnaro e al Prof. Stefano Consonni. Come si può constatare dai curricula vitae dei due consulenti siamo in presenza di professionisti riconosciuti e accreditati nella comunità accademico-scientifica, delle cui competenze e attendibilità non può in alcun modo dubitarsi.
In particolare, tra i vari incarichi ricoperti, il Dott. Carlo Stagnaro è stato capo della segreteria tecnica del Ministro dello Sviluppo economico. Oggi fa parte dell’Academic Advisory Council dell’Institute of Economic Affairs e della redazione delle riviste «Energia» e «Aspenia» oltre ad essere fellow dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica.
Il Prof. Stefano Consonni, oltre all’incarico accademico sopra ricordato, è stato responsabile scientifico di una serie di progetti finanziati da soggetti pubblici (tra cui CESI, CNR, Department of Energy USA, Federambiente, Ministero della Ricerca, US Agency for International Development) e rappresenta una delle più autorevoli voci in materia di energia e ambiente, avendo contribuito come autore o co-autore a oltre 80 memorie e testi tecnico-scientifici pubblicati in sede internazionale e nazionale.
Con la seconda memoria depositata il 26 gennaio 2024, Eni ha ulteriormente dimostrato la palese contraddittorietà ed infondatezza della tesi avversaria secondo cui l’azienda avrebbe, da un lato, ignorato gli impatti che i combustibili fossili causano al clima, risultanti a dire degli attori da “documenti tecnici di dominio pubblico” frutto di studi finanziati e pubblicati dalla stessa Eni e, dall’altro, “occultato la verità di cui si era a conoscenza”.
La seconda memoria depositata da Eni, riprendendo quanto già argomentato con la comparsa di costituzione, ha evidenziato come in realtà l’azienda abbia profuso sin da tempi non sospetti il proprio impegno nel finanziamento di studi e ricerche sul tema in questione. Ciò peraltro viene confermato dagli stessi attori che nei propri atti elencano proprio tali studi e ricerche dando atto del fatto che Eni non ha mai occultato alcuna verità. Al contrario i documenti tecnici citati risalgono a un periodo storico in cui le conoscenze scientifiche non erano sufficientemente consolidate per affermare che un aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera avrebbe potuto provocare un cambiamento climatico. La Società ha dimostrato di non essere in possesso di alcuna informazione ulteriore che le consentisse di formulare valutazioni diverse rispetto allo stato della conoscenza scientifica dell’epoca.
A conferma di ciò, Eni ha depositato una relazione predisposta dalla società di consulenza Ramboll Italy S.r.l., una realtà riconosciuta a livello globale come leader nel settore dell’ingegneria, dell’architettura e della consulenza, la cui esperienza, attendibilità e competenze tecniche nel settore sono riconosciute.
La relazione analizza in modo oggettivo sia gli studi pubblicati negli anni ’70-’90 da società (TECNECO) o istituti (ISVET) finanziati o creati da Eni sia gli studi estratti da ECOS, la rivista divulgativa edita da Eni. La relazione fornisce inoltre un’analisi sull’evoluzione della conoscenza scientifica in materia di cambiamento climatico risultante dai rapporti pubblicati dall’IPCC nel tempo.
In sintesi: gli studi in esame analizzano il possibile rapporto tra emissioni di gas serra e cambiamenti climatici, concludendo, coerentemente con quello che era lo stato della conoscenza scientifica a livello internazionale dell’epoca (anni 70 e 80), che non ci fossero sufficienti elementi per affermare che un aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera avrebbe potuto provocare un cambiamento climatico.
Anche l’operato della Ramboll è stato al centro delle accuse da parte delle ONG, che tacciano di inattendibilità il lavoro dalla società riconosciuta a livello internazionale.
Una tesi che si basa su un singolo articolo di stampa del 2021, che riguarda peraltro vicende del tutto estranee alla presente causa e da cui non può in alcun modo desumersi la presunta inattendibilità di Ramboll che, al contrario, è globalmente riconosciuta come una realtà di primo piano nella consulenza ambientale e di sostenibilità.
La terza e ultima memoria è dedicata a dimostrare l’irrilevanza delle produzioni documentali avversarie presentate fino ad oggi.
Con questo obiettivo, Eni ha depositato delle relazioni integrative delle precedenti relazioni a firma del Dott. Carlo Stagnaro, del Prof. Ing. Stefano Consonni e dell’Ing. Daniele Bocchiola, nonché una seconda relazione a firma dell’Ing. Bocchiola.
Procedendo con ordine: