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Eni e il progetto REDD+ Luangwa Community Forest Project in Zambia

L’accordo con BioCarbon Partners

Nel 2019, Eni ha firmato un accordo ventennale con BioCarbon Partners (BCP), impresa leader nei progetti a lungo termine di conservazione delle foreste, per sostenere il Luangwa Community Forest Project (LCFP) in Zambia. Si tratta di un progetto sviluppato secondo lo schema delle Nazioni Unite REDD +, acronimo di Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation, volto a incentivare i Paesi in via di sviluppo nella riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera dovute alla deforestazione e ai processi di degrado forestale.

Il progetto coinvolge 17 comunità locali – ovvero 17 chiefdom – per un totale di oltre 200mila beneficiari. Attraverso l’acquisto dei crediti di carbonio generati, Eni assicura al progetto, con una prospettiva di lungo termine, il supporto allo sviluppo dell’area interessata, con ricadute positive per i territori e il contesto ambientale.

I benefici del progetto

Uno degli elementi chiave del progetto è il coinvolgimento delle comunità attraverso i Community Forest Management Groups, gruppi eletti localmente, che allocano i proventi della vendita dei crediti di carbonio in progetti di sviluppo locale, conferendo alla foresta e alla sua protezione un valore diretto e tangibile per le popolazioni locali. A oggi, i fondi sono stati destinati a oltre 230 progetti comunitari per l’accesso all’acqua potabile, alla salute, all’educazione e alla formazione professionale, alle migliori pratiche agricole e al micro-credito. In questo contesto, la partecipazione diretta delle comunità locali alla tutela delle foreste tramite le alternative di sviluppo locale proposte dal progetto permette di dare sostenibilità e continuità alle iniziative.

Stando ai dati comunicati da Biocarbon Partners, complessivamente il Luangwa Community Forest Project ha contribuito a incrementare il reddito medio familiare di più del 200% tra il 2016 al 2022. Inoltre, secondo il report di Climate, Community & Biodiversity Standards, il progetto ha migliorato l’integrità ecologica e la biodiversità dell’area. I sondaggi condotti dagli stakeholder locali mostrano che la biodiversità, nel corridoio di fauna selvatica che connette cinque parchi nazionali e che l’iniziativa mira a preservare, si è mantenuta su livelli stabili. Nell’area di Munyamadzi, inoltre, la fauna selvatica è stata incrementata, secondo il monitoraggio regolare effettuato dall’inizio del progetto.

Proprio a fronte dei risultati positivi del progetto, nel 2022, 5 nuove comunità si sono aggiunte alle 12 che avevano inizialmente aderito a Luangwa Community Forest Project, portando il totale alle 17 di oggi.

 

Il monitoraggio del progetto

La validazione iniziale del progetto e il relativo design, la definizione dell’area del progetto, la baseline e le altre informazioni principali dello stesso sono verificati da soggetti terzi indipendenti (auditors) certificati per svolgere tale tipo di attività. I rapporti sono disponibili per consultazione pubblica.
Per garantire terzietà e trasparenza, le verifiche periodiche sul progetto (ovvero la sua conformità ai criteri di qualità e certificazione e il calcolo dei crediti da rilasciare) vengono effettuate da auditors diversi da quelli che hanno validato inizialmente il progetto.
Ad ulteriore tutela è previsto un obbligo di rotazione che impedisce allo stesso verificatore di certificare il progetto per più di cinque anni. Gli auditors autorizzati a condurre le verifiche su questo e altri progetti REDD+ devono essere accreditati in appositi registri professionali, come l'ANSI (American National Standards Institute). Gli enti di registro conducono poi la propria revisione dei singoli rapporti, prima di convalidare ogni verifica.
Il Luangwa Community Forest project  ha ottenuto la più elevata valutazione dellaClimate, Community & Biodiversity Alliance (CCBA) la Triple gold -, per l’ eccezionale impatto sulle comunità, sul clima e sulla biodiversità.

 

La strategia di Eni per la riduzione delle emissioni nette

L’obiettivo zero emissioni nette al 2050 di Eni verrà raggiunto, per il 95%, attraverso un ventaglio di soluzioni individuate per decarbonizzare le proprie attività e operazioni. L’azienda ha adottato un approccio olistico che fa perno su efficientamento energetico, tecnologie all’avanguardia e sullo sviluppo dei business esistenti, come quello delle rinnovabili, della bioraffinazione e della mobilità sostenibile, ulteriormente rilanciati con la creazione delle due società dedicate Plenitude ed Eni Sustainable Mobility. I progetti di compensazione delle emissioni, i cosiddetti “carbon offset” contribuiscono solo per il 5% al raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette al 2050. Eni prevede di compensare le proprie emissioni residue facendo leva su Natural Climate Solutions e su Progetti Tecnologici, con l’obiettivo di massimizzare progressivamente la componente di rimozione della CO2.

Nel breve periodo, la protezione delle foreste è - come rilevato dalle Nazioni Unite, dalle istituzioni UE e dalla Banca Mondiale - uno degli strumenti più efficaci e immediatamente utilizzabili per contenere il livello di CO2 nell'atmosfera, considerando che ogni anno la deforestazione causa emissioni per quasi 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (secondo Global Forest Watch).

Per questo motivo Eni ha deciso di avviare il proprio piano di compensazioni attraverso progetti di protezione delle foreste secondo lo schema Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation (REDD+) delle Nazioni Unite e validati secondo gli standard internazionali più elevati per la certificazione non solo della riduzione delle emissioni di carbonio ma anche dell’ottenimento di risultati socio-ambientali positivi.



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