Gli attori della causa

Come anticipato, l’atto di citazione è stato presentato da due Associazioni – Greenpeace Onlus e ReCommon - e dodici attori privati definiti come “cittadini e cittadine italiani residenti in Italia”.

 

Pur ribadendo il più fermo e assoluto rispetto da parte di Eni per il mondo dell’attivismo in generale e dell’attivismo ambientale in particolare, il ruolo dell’Associazione ReCommon merita un approfondimento.
Già in passato l’associazione fondata a Roma nel 2012 è stata infatti protagonista di iniziative giudiziarie infondate e strumentali nei confronti di Eni. Tutte iniziative concluse con un nulla di fatto.
Il caso più eclatante è rappresentato dalla vicenda OPL 245 - una concessione esplorativa di idrocarburi nel delta del fiume Niger – che avrebbe dovuto rappresentare il fantomatico “processo del secolo” contro Eni.
Come ampiamente documentato nella pagina dedicata alla vicenda, nel marzo del 2013 ReCommon è stata infatti firmataria degli esposti alla magistratura e alle autorità di vigilanza per una presunta e inesistente corruzione internazionale che avrebbe coinvolto i vertici dell’Eni.
Dopo 8 lunghi anni di indagini e più di 60 udienze, l’azione promossa da ReCommon si è conclusa con la piena assoluzione di Eni e dei propri vertici da parte del Tribunale di Milano “perché il fatto non sussiste”. La sentenza è passata in giudicato e divenuta definitiva il 19 luglio 2022 quando, davanti alla Corte d’Appello di Milano, il sostituto Procuratore Generale Celestina Gravina ha rinunciato all’impugnazione nei confronti della sentenza del Tribunale, sancendo così la fine della vicenda giudiziaria penale.
Anche per quanto riguarda le richieste di risarcimento avanzate dalla Parte Civile Nigeria, l’organo giudicante si è espresso a favore di Eni: l’11 novembre 2022, infatti, la Corte milanese - confermando la decisione di primo grado - ha rigettato l’appello avanzato dalla Nigeria.
Ma l’infondatezza delle pretese avanzate non è l’unico elemento ricorrente nelle azioni promosse da ReCommon: così come nel caso OPL 245, la presentazione dell’atto di citazione di quella che definiremo la “Falsa Causa” è stato accompagnato da una violenta e capillare campagna denigratoria nei confronti di Eni, orchestrata attraverso i canali social delle due Associazioni.
Ancor prima di entrare nel merito delle contestazioni, ReCommon e Greenpeace Onlus hanno infatti già “condannato” Eni intimandole di “fermare subito” i suoi presunti “crimini climatici”.
Insomma, un approccio strumentale che, più che la ricerca della verità e la tutela di un interesse comune come l’ambiente, punta a demonizzare il ruolo di Eni e, più in generale, delle imprese in Italia. 

Il Ruolo dei Privati

Come accennavamo, oltre alle due Associazioni, l’azione civile è stata promossa da dodici attori privati che vengono definiti come “soggetti che direttamente o indirettamente subiscono le conseguenze dell’aggravarsi della crisi climatica a causa anche della condotta della multinazionale petrolifera italiana”.
Gli attori vengono suddivisi in quattro categorie: quelli residenti nella zona del delta del Po e della laguna di Venezia, quelli residenti in altre zone costiere d’Italia, quelli residenti nella pianura padana e, infine, quelli residenti in aree montante.
Questi soggetti sarebbero titolari di un proprio interesse individuale che li differenzierebbe rispetto al resto della collettività e che li ha spinti ad agire contro Eni a tutela di un non meglio precisato “interesse collettivo”.
Ma se per gli aspetti giuridici relativi all’infondatezza e all’inammissibilità dell’azione dei privati si rimanda agli atti della difesa Eni, qui è sufficiente ricordare che – al di là dei presunti interessi rivendicati – esiste un elemento che lega tutti i ricorrenti privati: l’appartenenza al mondo dell’associazionismo e della politica ambientale.



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