Accolto il ricorso del governo contro la norma regionale che imponeva distanze minime tra gli impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili
Per la Corte Costituzionale il “fai da te” energetico non è ammissibile. Così la Consulta ha accolto il ricorso presentato dal Governo contro la legge regionale della Basilicata, varata nel 2019, in materia di impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili, con la quale, tra le altre cose, erano stati introdotti limiti di distanza per gli impianti. Le Regioni, dice la Corte, non possono prescrivere limiti generali inderogabili e valevoli su tutto il territorio regionale, soprattutto in termini di distanze minime da rispettare, perché in contrasto con il principio generale che mira alla massima diffusione possibile delle fonti rinnovabili, in conformità alle direttive fissate in sede europea e alle quali lo Stato e ogni singola amministrazione locale deve attenersi. La norma regionale impugnata dal Governo e azzerata dalla Consulta prevedeva l’introduzione di norme di sicurezza inderogabili al fine dell’avvio dell’iter autorizzativo, tra le quali figuravano la distanza minima tra i singoli impianti e tra gli impianti e le strade e le abitazioni circostanti. Questo, sottolinea la Corte, in maniera arbitraria e generalizzata su tutto il territorio e, quindi, senza un’adeguata e concreta valutazione delle condizioni effettive dell’ambito territoriale interessato e degli interessi coinvolti. Le norme in questione erano state abrogate dalla Regione nel novembre 2019, ma la Consulta ha deciso di procedere comunque in relazione alle procedure autorizzative avanzate nel periodo di vigenza della legge regionale in questione. Da parte sua, l’assessore regionale all’Ambiente, Gianni Rosa, ha recentemente annunciato l’intenzione di “costituire un gruppo per la revisione del Piano energetico ambientale regionale”, con lo scopo “di restringere la possibilità di presentare le domande per nuovi impianti in questo periodo di mancanza del Piano Paesaggistico”.