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La CCS nella strategia di decarbonizzazione

Le tecnologie di carbon capture and storage (CCS) sono la soluzione più efficace per ridurre da subito le emissioni delle attività industriali “hard to abate”.

La CCS e i settori industriali “hard to abate”

­­La progressiva riduzione delle emissioni di CO2 delle attività umane, necessaria per contrastare i cambiamenti climatici, prende il nome di decarbonizzazione. Il percorso comporta un’evoluzione profonda del sistema produttivo che necessita di tutti gli strumenti messi a disposizione dall’innovazione tecnologica: dalle rinnovabili ai biocarburanti avanzati, dal bio jet fuel all'idrogeno blu e verde. In questo contesto, la cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) è la soluzione più rapida ed efficace per ridurre da subito l’impatto di settori particolari detti “hard to abate” e cioè quelle attività industriali per cui, sia per gli alti consumi di energia sia per i processi produttivi, allo stato attuale, non esistono tecnologie per abbattere le emissioni in modo efficiente ed economicamente sostenibile. Esempi di industrie hard to abate sono gli impianti siderurgici e i cementifici, ma anche l’industria chimica, della carta e del vetro. Oltre a non poter essere alimentate esclusivamente da fonti rinnovabili a causa dei loro intensi consumi, queste attività comportano anche emissioni dovute ai loro stessi processi produttivi, indipendentemente dall’uso di combustibili fossili. In alcuni casi le emissioni di processo sono una parte rilevante di quelle totali: nei cementifici, ad esempio, circa due terzi della CO2 deriva dalla calcinazione del calcare, passaggio imprescindibile per la produzione del cemento. In Italia, nel 2021, il settore dei materiali per edilizia ha dichiarato emissioni per circa 22 Mton di anidride carbonica. Nel loro insieme, le attività hard to abate concorrono in maniera significativa alle emissioni complessive di anidride carbonica: solo in Italia, nel 2021 hanno emesso circa 68 milioni di tonnellate (Mton) di CO2 su un complessivo nazionale di 337 Mton, ovvero il 20% del totale e il 42% del solo settore industriale, responsabile dell’emissione di 155 Mton di CO2 secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (ISPRA, dato 2023). Considerando che le moderne tecnologia permettono di catturare oltre il 90% dell’anidride carbonica emessa al camino, la CCS si presenta come la soluzione concreta per la decarbonizzazione delle industrie hard to abate.

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La CCS nel settore energetico

La decarbonizzazione della generazione elettrica a gas mediante CCS risulta importante per garantire la flessibilità dei servizi e la massima integrazione delle energie rinnovabili e non programmabili nel sistema energetico nazionale. Anche la produzione di idrogeno da fonti fossili, decarbonizzato tramite CCS (cd. idrogeno blu), rappresenta una soluzione economica vantaggiosa nel breve termine, in forte complementarità con la crescita dell’idrogeno rinnovabile (cd. idrogeno verde).

La CCUS è un processo tecnologico che consente di evitare l’immissione in atmosfera di anidride carbonica proveniente da grandi impianti industriali e di generazione elettrica. In quanto tale, tutte le maggiori organizzazioni internazionali (Unione Europea, IPCC, ONU e IEA) la ritengono un elemento fondamentale di una strategia di decarbonizzazione di medio e lungo termine solida e credibile, che combini al meglio le diverse soluzioni per la riduzione delle emissioni.

Il sesto rapporto dell’IPCC, pubblicato ad aprile 2022, indica che per raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo e contenere quindi l’aumento delle temperature a 1.5°C, le tecnologie di cattura e stoccaggio saranno imprescindibili per ridurre significativamente le emissioni dei processi industriali hard to abate altrimenti non eliminabili.

Gli scienziati di IPCC hanno vagliato oltre 2000 scenari climatici, e la CCUS è una delle leve di decarbonizzazione fondamentali in tutti quelli che limitano il riscaldamento globale a massimo 2°.

In particolare, tra i 230 che con “alta probabilità” permetteranno di contenere l’aumento delle temperature al di sotto degli 1,5°C (obiettivo della CoP di Glasgow) la CCUS fornisce un contributo molto importante in termini di emissioni evitate (in media 7 miliardi di tonnellate al 2050 e 14-16 miliardi al 2100).

Nel giugno 2023, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha pubblicato il report World Energy Outlook 2023: 1.5°C Pathway, uno dei maggiori studi completi su come realizzare la transizione verso un sistema energetico a zero emissioni nette al 2050 assicurando, al tempo stesso, una fornitura di energia stabile e affidabile, l’accesso universale all’energia e una solida crescita economica. Il report comprende anche una panoramica di tutte le soluzioni indispensabili per raggiungere questi obiettivi, tra cui la CCS.

Nella valutazione sulle potenzialità del mondo CCUS, la IEA conclude che queste soluzioni possono dare un contributo del 8% all’abbattimento delle emissioni cumulative fino al 2050, in particolare per il settore hard-to-abate. Per quella data, la IEA stima che, a livello globale l’80% del cemento, il 60% dei prodotti chimici ed il 50% dell’acciaio primario dovranno essere prodotti con processi dotati di cattura delle emissioni.

L’IRENA nel ”World Energy Transitions Outlook 2023: 1.5°C Pathway “ prevede che i quantitativi di CO2 catturata siano pari 7 Gtpa nel 2050. Di questo totale, l'84% proverrà dai settori dell'energia e del calore e il 16% dall'industria.

La Commissione Europea con l’industrial carbon management strategy (2024) pone come obiettivo la creazione di un mercato europeo per la gestione industriale della CO2 identificando target di cattura, trasporto e stoccaggio di 50 Mtpa al 2030 (come da NZIA), di 280 Mtpa al 2040 e di 450 Mtpa al 2050.

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La CCUS può quindi rivelarsi strategica per:

  • Abbattere le emissioni dei settori “hard to abate” per i quali, nel breve e medio termine, non esistono soluzioni efficaci ed efficienti.
  • Abbattere le emissioni di impianti di generazione elettrica esistenti e di nuova generazione
  • Contribuire allo sviluppo della filiera dell’idrogeno.  
  • In prospettiva, ridurre la quantità di anidride carbonica già presente in atmosfera per bilanciare emissioni che non possono essere evitate o abbattute attraverso le tecnologie di Carbon Dioxide Removal (CDR), oggi ancora in sviluppo (la cattura diretta dall’aria - DAC e la cattura da impianti che utlizzano biomasse - BECCS).

Oltre a essere indispensabile per impedire l’emissione di nuova CO₂ dai settori “hard to abate”, in futuro la CCS sarà fondamentale anche per contribuire a rimuovere l’eccesso di anidride carbonica già presente in atmosfera utilizzando le tecnologie di Carbon Dioxide Removal (CDR), in modo da abbassarne la concentrazione dai livelli attuali (oltre 420ppm) a quelli preindustriali (circa 280ppm).

Ancora in fase di sviluppo, i sistemi di CDR si suddividono in due grandi categorie: la cattura diretta dall’aria o Direct Air Capture (DAC) e la cattura da impianti alimentati dalle biomasse o Bio-Energy with Carbon Capture and Storage (BECCS). Nel primo caso si propone di realizzare impianti in grado di filtrare grandi quantità d’aria trattenendo la CO₂ presente in essa, mentre nel secondo caso la bioenergia con cattura e sequestro dell’anidride carbonica è il processo che impiega la biomassa come fonte di energia e cattura e sequestra permanentemente la CO₂ prodotta, il risultato di questo processo genera una parte di emissioni negative. Al di là delle differenze tecniche, tutti questi sistemi avranno la necessità di disporre di infrastrutture di CCS che possano trasportare e immagazzinare le grandi quantità di CO₂ catturate.

Obiettivo Zero Emissioni Nette al 2050

Le emissioni dirette totali di Eni (Scope 1 e Scope 2) che derivano dalle sue attività produttive in tutto il mondo sono pari a 41,2 Mton di CO2 equivalente all’anno, di cui 18,5 Mton prodotti in Italia. Grazie al progressivo aumento di efficienza, dal 2010 al 2019 Eni ha già ridotto le proprie emissioni dirette del 29%, grazie all’innovazione continua, allo sviluppo e applicazione di nuove tecnologie e a un ulteriore miglioramento dell’efficienza energetica. In questo quadro, i progetti di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) che Eni sta sviluppando in Italia, in Europa e nel resto del mondo sono un elemento chiave della strategia dell’azienda per azzerare le emissioni residue che non possono essere evitate in altro modo.

Snam ha definito un piano per diventare Carbon neutral al 2040, che prevede obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra al 2030.

In questo contesto, Snam continua a impegnarsi per diventare Carbon neutral al 2040 per le proprie attività identificando ulteriori step di riduzione delle emissioni al 2025, 2027 e 2030. Inoltre, Snam prevede una progressiva riduzione delle emissioni Scope 1, 2 e 3, in linea con gli impegni definiti nell’Accordo di Parigi per contenere l'innalzamento della temperatura globale a non più di 1,5°C.

Giocando un ruolo fondamentale come facilitatore del Paese verso un’economia low-carbon, Snam ha ampliato il suo business andando oltre il mercato regolato e dirigendosi verso i settori della transizione energetica. Negli ultimi anni, infatti, sempre più sono stati gli impegni e il supporto allo sviluppo della mobilità sostenibile, attraverso la stipula di accordi e partnership con l’obiettivo di supportare l’incremento della rete italiana di distributori di gas naturale compresso e gas naturale liquefatto (small scale LNG, CNG), e gli investimenti in società che promuovono soluzioni per l’efficienza energetica.
Grandi energie sono inoltre impiegate nella ricerca e nello sviluppo di nuovi gas verdi rinnovabili, quali biometano e idrogeno, che posso essere trasportati e stoccati in quote sempre crescenti anche nelle infrastrutture esistenti.