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Smartworking in smart Basilicata

Con l’affermarsi del lavoro agile il digitale non può essere più inteso come una scommessa ma come una condizione necessaria. 

di Sergio Ragone
25 settembre 2020
5 min di lettura
di Sergio Ragone
25 settembre 2020
5 min di lettura

Cinzia e Paolo che lavorano a Terni, Barbara che da venti anni vive e lavora a Roma, Antonio che lavora in banca a Milano e molti altri che hanno lasciato temporaneamente le città in cui vivono per tornare in Basilicata e provare a cambiare la propria vita, o magari a recuperarla, grazie allo smartworking. Sono tante le storie di ritorni al Sud che si incrociano con l'evoluzione della pandemia, di cui si contano ancora nuovi focolai sparsi un po' dovunque in Italia, mentre sale l'attesa per un vaccino che possa liberarci dalle paure e dal male. Sono storie di chi ha scelto di riabitare i luoghi dell’infanzia, di partenza, provando così a riprendere una condizione di vita più lenta ma decisamente più salubre.  È ancora presto per avere un quadro più preciso con numeri e date, ma la tendenza c’è ed è sotto gli occhi di tutti.

L’importanza della digitalizzazione

Queste storie di ritorni, questi rientranti ci dicono molto altro. Sono innanzitutto fotogrammi di un fenomeno nuovo, inedito per questa nostra geografia, con il quale dobbiamo iniziare a fare i conti per costruire il giusto ecosistema di cittadinanza ed opportunità e fare in modo che questa permanenza possa allungarsi il più possibile. La nuova cittadinanza parte ora innanzitutto dal digitale, dall’accesso alla rete che dovrebbe diventare un diritto costituzionale, dall’infrastruttura immateriale che serve per permettere ai rientranti e ai residenti di poter continuare il proprio lavoro a distanza. Ecco che la crisi si trasforma in una straordinaria opportunità da non sprecare. Chi torna oggi ha voglia di mettersi in gioco, di dare innanzitutto alla propria comunità il sapere acquisito altrove per cambiare lo status quo e trasformare i paesi da “museo delle porte chiuse” (cit. Franco  Arminio) ad hub generatori di innovazione sociale e tecnologica. 

A questi rientranti si aggiungono anche storie di chi ha scelto di vivere al Sud e in Basilicata, magari senza esserci mai stati prima d’ora. Nei nostri borghi e nelle principali città non sono più una novità le storie di chi ha abbandonato i gradi centri urbani europei, le grandi città italiane, per costruirsi una dimensione di vita nuova e più umana. E lo ha fatto scegliendo la Basilicata proprio come luogo ideale. 

Cosa fare per chi sceglie il Sud

A questi nuovi cittadini lucani, che vengono da ogni parte del mondo, non possiamo solo limitarci ad offrire la nostra più cordiale e genuina ospitalità ma dobbiamo poter dare una rete di opportunità e diritti tali da garantire la loro permanenza ed un incremento del fenomeno che può determinare il destino dei nostri paesi e delle principali città lucane, alle prese da sempre con un’atavica emorragia di persone che, in età giovanile, abbandonano il proprio luogo di nascita per cercare futuro altrove, lì dove è possibile, o almeno per provarci. La letteratura meridionale è ricca di queste storie, non sempre di successo, e la statistica di questa nostra geografia è da sempre condannata ad un segno negativo davanti al numero di giovani residenti. Ma adesso qualcosa sta cambiando e non possiamo restare fermi al bivio, come spesso è avvenuto nelle ore più cruciali della storia meridionale d’Italia. Chi ha scelto il Sud e la Basilicata risponde ad un preciso identikit: giovane, pioniere, arrivato qui con l’idea di rielaborare la storia del luogo scelto e desideroso di cambiare il destino di quel territorio così segnato dalla geografia. 

Il digitale quindi non può essere più inteso come una scommessa ma esattamente come strategia occorrente, una condizione necessaria per la Basilicata dell’oggi. La Regione sta mettendo in campo buone iniziative in questo senso, ma serve una visione più ampia, un respiro più lungo per guardare oltre l’emergenza. Va messa in campo una strategia per realizzare un ecosistema aderente a questi nuovi bisogni. Ma tutto ciò non basta, perché se da un lato l’immateriale diventa la nuova trama delle connessioni è altrettanto necessario intervenire per rigenerare le infrastrutture materiali, le nostre vie di collegamento con i grandi centri e con i nodi principali della rete stradale nazionale. Anche su questo terreno si gioca la partita del futuro, perché ad un’idea di lavoro agile deve corrispondere un’idea di mobilità intelligente, moderna, sostenibile. E proprio su questo tema la Basilicata delle energie, che ha come prospettiva la transizione energetica, può giocare davvero un ruolo da leader e non solo nel contesto nazionale. L’emigrazione, come disse Nitti, ha rappresentato un momento di grande libertà e di trasformazione; oggi le aree interne, circa il 60% del territorio nazionale, devono prepararsi per rendersi attrattive e accogliere una stagione di ritorni e possibili rinascite.

L’autore: Sergio Ragone

Giornalista e blogger.