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Energy Valley, così cambia lo sviluppo

Il nuovo progetto integrato di Eni punta alla sostenibilità per accompagnare la transizione energetica. Ecco come si allarga il perimetro del COVA per un nuovo utilizzo delle risorse.

di Lucia Serino
31 gennaio 2020
5 min di lettura
di Lucia Serino
31 gennaio 2020
5 min di lettura

Anche le api. Sì, ci sono anche le api nel progetto dell’Energy Valley che sta sorgendo attorno al Centro Olio Val d’Agri di Viggiano e che ha l’ambizione di attuare in Basilicata un programma integrato e trasversale di sviluppo, volto a creare un distretto industriale basato sulla diversificazione, sulla sostenibilità ambientale e sull’economia circolare in un percorso – credibile e non utopico – di transizione energetica.  Le api sono degli eccellenti bioindicatori, vere e proprie sentinelle ambientali, utili a contribuire all’indagine per valutare eventuali soglie di inquinamento di un ecosistema più o meno grande. Dettaglio curioso ma indicativo dello spirito del progetto, che “rappresenta una grande sfida non solo economica ma anche di opportunità per i territori”, racconta Walter Rizzi (Senior Vice President Distretto Meridionale di Eni) presentandolo alla stampa. 

La direzione presa

Un investimento di ottanta milioni di euro, con un’occupazione stimata di circa duecento persone in fase di realizzazione dei progetti e di quasi cento tra diretto e indotto in fase di esercizio. Integrarsi con il territorio dialogare sempre di più con la comunità locale – questo l’obiettivo – gestendo l’oggi della produzione di oil & gas e costruendo contemporaneamente il futuro che guarda alle rinnovabili nel pieno rispetto del territorio, al recupero delle risorse e alla loro utilizzazione con soluzioni innovative. Un binario parallelo, al momento, ma che già ha messo in cantiere un modello di sviluppo imprenditoriale e di potenziamento delle filiere locali dell’energia e del “non oil” programmando anche un impianto fotovoltaico per contribuire alla domanda energetica del COVA, e prevedendo una gestione idrica sostenibile attraverso l’impianto del “Mini Blue Water” per il riutilizzo delle acque di produzione. E così si attua un polo agro-ambientale in Val d’Agri integrato all’area industriale, grazie all’acquisizione e alla riqualificazione, ad oggi, di oltre 50 ettari di cui 40 a uso agricolo, dando senso alla rete degli altri progetti già avviati nel 2019 nel campo dello sviluppo sostenibile e della ricerca, come la partnership con Coldiretti e l’accordo Eni-CNR di Metaponto. 

Il modello di sviluppo non è all’anno zero. Già sono stati avviati e sono nella fase esecutiva il Centro agricolo di sperimentazione e formazione, il Centro di monitoraggio ambientale e il progetto Agrivanda. Un’onda di colore attorno ai fabbricati che già insistevano nei terreni acquistati, sei in stato di degrado, e che sono stati ristrutturati: sono destinati uno al progetto Agrivanda, un secondo al Centro di monitoraggio ambientale ed uno a scopo sociale come Cral (centro ricreativo aziendale per i lavoratori). 

“La Basilicata è e rimane strategica per noi”, conferma Rizzi, alla guida di una fase innovativa della presenza di Eni in Basilicata, che significa immaginare e accompagnare le prospettive nuove in maniera credibile e realistica, puntando sulla sostenibilità e su un cammino sinergico con i centri lucani di eccellenza nel campo della ricerca.

Ma vediamo il megaprogetto in dettaglio. 

Nel dettaglio

Il progetto Agrivanda è quello che prevede il biomonitoraggio con le api grazie all’installazione di dodici arnie su un terreno di 23 ettari di lavanda, due cooperative sociali coinvolte e 30 ospiti per le attività di raccolta e semina delle piantine di lavanda (oltre 12 mila). Sono 48 gli operatori locali coinvolti nel progetto di lavoro che ha già incluso la ristrutturazione di quattro fabbricati, che saranno utilizzati per attività didattiche, laboratoriali e di coinvolgimento degli stakeholder. 

Già concluso anche l’intervento di riqualifica ambientale e agronomica su oltre 50 ettari di terreno in stato di abbandono, con il recupero di 10 ettari di vigneti, oliveti, castagneti, noceti e frutteti: è questa la prima fase del progetto del Centro agricolo di sperimentazione e formazione, che si propone di realizzare un polo di attrazione e valorizzazione di talenti, di promozione e innovazione, di generazione di sviluppo nel comparto agro-alimentare. Ventidue sono le unità lavorative previste per il Centro di monitoraggio ambientale (previsto in uno dei fabbricati recuperati) e che è destinato alla raccolta e all’analisi 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno dei dati relativi all’indagine delle matrici ambientali del Centro Olio e delle aree differenti. Ed è poi in un disegno più ampio di sviluppo sostenibile della Basilicata, definito dalla rete degli attori lucani dell’innovazione e della ricerca, che prendono forma le traiettorie di sviluppo dell’Energy Valley.  Fu presentato a Metaponto, a novembre dell’anno scorso, lo studio congiunto realizzato con Unibas, l’ENEA di Rotondella, il CNR, l’ALSIA (l’Agenzia Lucana di Sviluppo e d’Innovazione in Agricoltura), l’Università Federico II di Napoli e la Fondazione Eni Enrico Mattei per la valorizzazione delle risorse lucane. Un’indicazione di rotta. Una rotta circolare e soprattutto condivisibile. “Tutti i nostri dati del monitoraggio ambientale saranno pubblici e messi a disposizione”, assicura Rizzi rafforzando uno stile di trasparenza già avviato con il progetto dell’Energy Touch dello scorso anno, che ha visto l’installazione di punti informativi interattivi accessibili a tutti. A chi ne avrà voglia e interesse non resta che verificarli.