“Mancini, Mancini, nulla. Mancini, scheda bianca, Mancini, Mancini”. Nel corso della seconda votazione nel polo del Francioso a Potenza, il professor Ignazio Marcello Mancini ce la fa. Sarà il rettore dell’Università della Basilicata per i prossimi sei anni, eletto con 266 voti su 430 votanti. Non un plebiscito, soprattutto tra il personale non docente; del resto il vincitore è il primo ad essere consapevole delle divisioni che ci sono state in ateneo, ne fa cenno con grande sincerità e trasparenza: “Continuiamo a discutere ma ora basta con le maldicenze e le gelosie, l’avventura è comune, mi auguro che da questo momento in poi possiamo giocare tutti dalla stessa parte”.
Il neo rettore è il presidente uscente della Scuola di Ingegneria. Succede a un altro ingegnere, Aurelia Sole, si abbracciano (con le mascherine) quando, a risultato acquisito, Mancini arriva al seggio che è già buio e il temporale insistente del pomeriggio chiude l’estate lucana consegnando divise autunnali con maglioni e impermeabili. Le prime parole del “magnifico” Mancini sono di ringraziamento per gli sfidanti, Faustino Bisaccia e Ferdinando Mirizzi, che dopo la prima consultazione andata a vuoto per mancanza di quorum avevano deciso di convergere sul candidato che era più avanti nei consensi, Mancini appunto, arrivato da Bari a Potenza nel lontano 1989. “Il titolo e lo spirito del mio programma era un ‘patto per l’ateneo’, credo sia stata la scelta giusta accogliere le sollecitazioni e le indicazioni che in questi giorni mi sono pervenute dai miei concorrenti”.
È una università di questa comunità, una università di cui gli studenti devono sentirsi parte e devono essere orgogliosi di esserlo, una università in cui anche il corpo docente e amministrativo provi l’orgoglio di appartenere a un’istituzione che è fondamentale per questa regione.
Siamo una università piccola nei numeri ma non piccola nella missione che ci siamo dati e che cerchiamo in ogni modo di svolgere al massimo delle nostre potenzialità. Io vorrei una università che fosse una comunità di persone unite da una missione comune, una università che sappia muoversi di questi tempi tra resistenza e resilienza.
Non va bene né essere soltanto resilienti e quindi adattarsi a quello che cambia e non va bene neppure essere soltanto resistenti. Le due cose, se accoppiate, ci possono aiutare per ora a passare il guado che abbiamo davanti. Le cose cambiano se cambiamo noi. Se ci crediamo, ce la facciamo a garantire un buon lavoro. C’è bisogno di responsabilità, l’avventura è comune.
La nostra situazione finanziaria non è floridissima, ma noi lavoreremo per migliorarla. Il dialogo istituzionale è fondamentale, crediamo nel rapporto con il ministero, in quello con la regione, ma anche nella nostra capacità di attrarre investimenti. Negli ultimi anni abbiamo vinto numerosi progetti, la comunità è viva, bisogna darle fiducia e consapevolezza della forza che ha.
Raccoglie una sfida importante, l’istituzione della facoltà di Medicina.
È una sfida importante sì, è stato un atto d’amore verso il territorio lucano, i risultati non si vedranno a breve, occorreranno almeno dieci anni ma se il processo è affrontato bene, e se tutti i protagonisti ci credono investendo il giusto, veramente credo che la sanità lucana e quindi i cittadini di questa regione potranno beneficiarne ottenendo finalmente qualcosa che ora riescono a trovare solo al Nord.
Sì, mi occupo di ambiente, di bonifiche, di depurazione delle acque, potabilizzazione. Trent’anni fa nessuno si occupava di questi temi, oggi sono una priorità. È importante far passare un messaggio, cioè che l’ambiente è un investimento, non è un costo, un po’ come l’università, un investimento sul futuro e sui giovani. È nostro dovere farcene carico.
Abbiamo fatto ogni sforzo per consentire agli studenti, soprattutto alle matricole, il contatto fisico, perché la presenza è importante, l’università è il luogo della conoscenza ma anche della crescita sociale, politica in senso lato. Garantiremo i corsi in totale sicurezza. La rettrice uscente ha fatto un piano a dati invariati, immaginando cioè che il contagio avesse la stessa incidenza di luglio. Dobbiamo augurarci che non ci sia un peggioramento. In ogni caso in presenza o a distanza posso garantire che lo sforzo e l’impegno del corpo docente sarà al massimo.
Credo fermamente nel ruolo pubblico dell’università. Questo ateneo è ormai radicato, l’apporto dato dal 1982 sul piano culturale e sociale è innegabile. L’ateneo è nato per agevolare lo sviluppo locale, forse non ne siamo pienamente consapevoli noi docenti, ma a volte ho l’impressione che neppure il territorio lo sia. È fuor di dubbio che bisogna fare di più e insieme, voglio che Potenza e Matera diventino due città universitarie, bisogna crederci. In questo il rapporto con la Regione è fondamentale, ma bisogna liberarsi dal retropensiero che il finanziamento che riceviamo sia un sussidio. Iniziamo a considerarlo un investimento, il migliore investimento che la Basilicata possa fare sul futuro dei suoi giovani.