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Il lato buono della globalizzazione

I dati economici di Bankitalia sono critici. Per ripartire serve stare nelle dinamiche globali, attraverso la modernizzazione, il coraggio e il rilancio. 

di Andrea Di Consoli
27 luglio 2020
7 min di lettura
di Andrea Di Consoli
27 luglio 2020
7 min di lettura

Ho letto attentamente l’accurato rapporto sulle economie regionali della Banca d’Italia. Inutile dire che i dati economici sulla Basilicata sono abbastanza negativi. Leggendo quest’analisi assai puntuale della situazione attuale – dall’occupazione al credito, dalla produttività dei vari comparti al­l’indebitamento delle famiglie – ho capito che il futuro economico della Basilicata dipenderà più che mai dalla sua capacità di sopravvivere in una dinamica economica globale. 

I comparti che funzionano

La “remota” Basilicata, che qualcuno vorrebbe autarchica e autosufficiente, ha un prodotto interno lordo sostenibile solo grazie a quattro comparti che sono totalmente determinati dall’andamento dell’economia globale. E mi riferisco alle attività estrattive di oil & gasall’automotiveall’agricoltura e al turismo. Le performance di questi settori produttivi in Basilicata sono totalmente influenzati dalle dinamiche globali. Lo stesso turismo lucano, che sempre più si era irrobustito grazie agli arrivi internazionali, cresce quanto più è inserito in un circuito sovranazionale. Questo dovrebbe far capire una cosa molto semplice: che la Basilicata cresce se sta nel mondo e se riesce a inserirsi, e a reggere virtuosamente, nelle dinamiche economiche globali, valorizzando nel contempo, quando possibile, le proprie specificità territoriali. Questo avviene già oggi nel comparto dei vini, che è uno dei settori costantemente in crescita dell’export lucano. Poiché sempre più spesso si sente criticare la globalizzazione per motivi ideologici, è più che mai urgente provare a far capire che una cosa sono l’ingiustizia e lo sfruttamento, che valgono dal più piccolo paese all’intera sfera globale, e altra cosa è l’aspetto positivo della globalizzazione, che permette di far circolare sempre più liberamente merci, saperi, persone, diritti, informazioni, opportunità. Non è la globalizzazione il male, ma l’uso che se ne fa. 

Una buona globalizzazione

La crisi drammatica che si sta espandendo ovunque a livello globale dovrebbe farci capire che la decrescita, il nazionalismo e l’autarchia non risolvono i problemi, ma li acuiscono. Chi pensa di salvarsi da solo può farlo solo a una condizione: accettando di perdere quasi per intero i livelli di benessere economico sinora raggiunti. 

Io invece penso che sia assolutamente necessario continuare a credere in una globalizzazione buona, che permetta anche ai più sperduti territori del pianeta di esportare liberamente le proprie merci e i propri saperi, e dunque di generare ricchezza e crescita vera, non solo economica. Ora, la cosa importante è che la Basilicata capisca che vincere su larga scala significa avere dalla propria parte i numeri, i grandi numeri. Una cosa è se ogni singola azienda agricola, tanto per fare un esempio, deve cercare di piazzare in autonomia i propri prodotti sul mercato, e un’altra è se le aziende si uniscono e, grazie a una più larga condivisone di costi e di competenze, riescono a conquistare più ampi segmenti di mercato a prezzi più competitivi e con un maggiore potere contrattuale. Più si è uniti e più si è forti. A una crisi come questa non si può rispondere con il ripiegamento e con l’assistenzialismo, ma rilanciando, modernizzando, puntando sui settori più competitivi e su quelli con maggiore possibilità di reggere in una dinamica globale. Da questo punto di vista, credo che sia più che mai necessario coordinare i singoli comparti produttivi affinché si muovano uniti, anche se impegnati in attività di diversa natura. 

La parte robusta e solida dell’economia lucana è tutta inserita nelle logiche della globalizzazione, mentre le esperienze più suggestive e di ripiego, sia pure affascinanti da un punto vista etico e narrativo, non riescono a incidere sui fondamentali del Pildell’occupazione, dell’export e, in generale, della ricchezza generata. 

Per assicurare la crescita

Quindi è indubbio che anche per la Basilicata si apra una stagione difficile e problematica, ma le risposte sul futuro sono già tutte dentro al rapporto della Banca d’Italia, che fa capire chiaramente che la ricchezza si crea quando si è numericamente rilevanti sui mercati globali. E poiché la Basilicata è più dentro di quanto si pensi a queste dinamiche globali – dall’uso industriale dell’acqua alla produzione di automobili, dall’agroalimentare all’agricoltura, dal turismo alle attività estrattive – è assolutamente necessario che la formazione, gli investimenti e la programmazione industriale generale siano indirizzati verso quei settori che hanno una maggiore possibilità di reggere sui mercati internazionali. E questo non è affatto in contraddizione con la tutela del paesaggio e delle specificità identitarie. Anzi, come dimostrano alcuni settori – pensiamo al turismo o all’agroalimentare – si è tanto più forti quanto più si riesce a creare una commistione tra innovazione tecnologica (marketing, nuovi processi produttivi, internet) e tradizione. Ma, ripeto, senza un orizzonte globale la Basilicata rischia l’irrilevanza economica, costringendo larghe fette di popolazione all’emigrazione (anche se emigrare sarà sempre più difficile, a causa di questa crisi) oppure all’assistenzialismo, che genera soltanto spesa pubblica inerte e apatia sociale. 

In Basilicata le intelligenze non mancano, dalla politica all’industria, dalla ricerca alle associazioni di categoria (mai come adesso sarebbe necessario, per esempio, un protagonismo della cultura d’impresa di Confindustria). Si tratta di mettere in rete la parte più preparata e dinamica dell’economia e della ricerca lucana e di lavorare senza pregiudizi per l’allargamento della base produttiva, e per innovare il più possibile il nostro sistema. Ma per fare questo occorre che una nuova generazione di esperti sappia indicare più larghi orizzonti alla nostra economia. Sempre che si capisca che investire sulle competenze non è uno spreco ma, appunto, un investimento che genera ulteriore ricchezza. 

Chi pensa di approfittare di questa crisi per sottrarsi alla globalizzazione lavora per un futuro grigio, povero e modesto. Chi, al contrario, pensa che il benessere economico sia un tassello fondamentale del benessere sociale e democratico, si faccia avanti per una Basilicata che non vuole rimanere all’angolo. Perché che lo si voglia o no, il benessere garantito dalla globalizzazione non era mai stato garantito da nessun altro sistema politico o ideologico della storia. 

Spero che questa crisi porti nel pubblico dibattito meno ideologia e più pragmatismo, coraggio, innovazione, voglia di scoprire nuovi orizzonti. E, soprattutto, che nessuno si senta escluso, nemmeno chi abita nella più sperduta contrada lucana. 

L’autore: Andrea Di Consoli

Scrittore, giornalista e critico letterario italiano