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La stagione del realismo

È necessario mappare immediatamente le realtà e le potenzialità in loco, individuare le figure più intraprendenti per costruire una “road map” del futuro produttivo della Basilicata.

di Andrea Di Consoli
08 giugno 2020
8 min di lettura
di Andrea Di Consoli
08 giugno 2020
8 min di lettura

Cos’è la mentalità? È un preciso modo di intendere e concepire un determinato aspetto della vita. Qual è la mentalità dominante in Basilicata per quanto riguarda il mondo del lavoro e delle attività produttive? Generalizzando, potrei dire che è caratterizzata da due macro-tendenze: da un lato una diffusa mitologia del posto fisso statale, dall’altro una diffidenza moralistica nei confronti di chi fa impresa, specialmente su larga scala. Avere questo tipo di mentalità implica che la spesa pubblica (statale, regionale, comunale) debba costantemente essere molto elevata, e che una parte del territorio nazionale riesca ad assorbire quanti non riescono a entrare nei meccanismi del posto fisso statale e nei difficili meccanismi dell’impresa locale, non di rado ostracizzata da circuiti ideologicamente ostili. 

La domanda che ora si pone – ora che la pandemia da Covid-19 ha determinato lo scenario recessivo che sappiamo, anche qui da noi – è se la Basilicata potrà ancora permettersi il lusso (il triste lusso) di oscillare tra statalismo ed emigrazione. Poiché l’economia del Nord potrebbe impiegare alcuni anni per ritornare alla situazione pre-crisi, è assai probabile che l’opzione migratoria sarà molto più complicata per i lucani. Ed è assai improbabile che la Basilicata possa reggere a lungo con l’illusione della protezione statale, magari con redditi di emergenza o casse integrazioni ad libitum. 

Cosa cambiare

Il futuro della Basilicata si annuncia fosco come per tutte le Regioni, ma questo non è un buon motivo per arrendersi e per non fare qualcosa per affrontare nel miglior modo possibile la grave crisi che stiamo vivendo. 

Perché ho parlato poc’anzi di mentalità? L’ho fatto perché credo sia giunto il momento di compiere tutti insieme quel processo di maturazione ideologica che sinora è mancato. Prima ancora di parlare di politiche assistenziali e redistributive, è necessario concentrarsi su chi produce ricchezza, su chi crea lavoro, su chi sta sul mercato, su chi crea gettito fiscale, su chi prova a rimettere in moto processi produttivi reali e virtuosi. Se finora ci siamo potuti permettere il lusso di credere a ideologie irresponsabili come la “decrescita felice”, ora è bene sapere che questo lusso non possiamo permettercelo più. È arrivata la stagione, in una parola, del realismo, e il realismo ci costringe a riconoscere l’eroismo di chi continua a credere nel mercato e nella libera impresa, in un’epoca in cui sembrerebbe quasi impossibile crederci. Perché i posti fissi statali saranno sempre meno, e le fabbriche storicamente disposte ad assumere al Nord sono e saranno nel pieno di un ciclo produttivo negativo, ai limiti del collasso. 

Supportare chi investe in questa Regione

Dall’automotive all’oil & gas, dal distretto del salotto all’area industriale di Tito, dall’agroalimentare al turismo, dall’enogastronomia alla commercializzazione delle nostre acque, la Basilicata deve fare di tutto per supportare in ogni modo possibile – anzitutto con una diversa mentalità della società civile – chi continua a credere e a investire in Basilicata. L’anti-sviluppismo è un lusso che possono permettersi le società che registrano tassi di crescita molto elevati. E l’epoca che stiamo per vivere non ce lo consente. Luca Ricolfi ha recentemente parlato di “società parassita di massa”, ovvero una società nella quale una larga fetta di popolazione si accontenta di piccoli sussidi statali rinunciando a sognare, a investire, a mettersi in gioco, a rimboccarsi le maniche per creare ricchezza per sé e per gli altri. La Basilicata non può diventare una società di pensionati, impiegati statali e di assistiti. Finché avrò voce continuerò a dire che un simile assetto socio-ideologico sarebbe una sciagura. Perché renderebbe la nostra terra triste, depressa, statica, modesta, marginale. Non dico che sia facile fare impresa essendo così distanti dai mercati che contano, con una pressione fiscale così alta e con una legislazione del lavoro ancora troppo ingessata e poco adattabile alle continue mutazioni del mercato. Ma le condizioni per farlo ci sono tutte, se davvero ci si crede. E mi piacerebbe che fossero i giovani a invertire la rotta, a guardare con ammirazione chi è riuscito a creare lavoro e benessere con il sapere, con la capacità manageriale, con lo spirito di sacrificio, con il rischio d’impresa, che non è soltanto un salto nel buio, ma vitalità, entusiasmo, avventura umana. 

Il ruolo di Eni

Se invece pensiamo di uscire da questa recessione – anche in Basilicata – con il solo intervento statale o regionale, allora io dico che non ne usciremo. E, se ne usciremo così, avremo una società grigia e spenta, priva di protagonismo. Io credo invece che sia proprio questa l’occasione per osare, per attrezzarsi, per unirsi a chi non vuole arrendersi. Come i lettori di “Orizzonti” sanno, ho sempre guardato con favore alle attività di Eni in Basilicata. E l’ho fatto avendo maturato negli anni un realismo che non poche volte mi ha messo in contrapposizione con alcuni settori più ideologizzati della Basilicata. Come molti sapranno, il Pil della Basilicata deve molto alle attività di Eni, così come il bilancio regionale, che senza le royalty del petrolio dovrebbe tagliare molti capitoli di spesa, dall’istruzione alla sanità. Oggi il mercato globale del petrolio è in grande contrazione, e per un attimo ho temuto che Eni potesse considerare poco remunerative le sue attività in Basilicata. E invece Eni ha deciso di continuare, nonostante tutto, a estrarre in Basilicata, così da garantire, sia pure con numeri diversi dal passato, un fondamentale pilastro dell’economia lucana. E sono certo che abbia preso questa decisione non solo per motivi industriali, ma anche per ragioni sociali, perché Eni, volente o nolente, non è più soltanto una multinazionale che opera nella nostra regione, ma un pezzo di quella classe dirigente diffusa che sente di dover dare risposte anche da un punto di vista sociale. La prova provata di quanto affermo è che a dire queste cose sia proprio io, ovvero un intellettuale indipendente che non ha mai preso ordini da nessuno, e che scrive in autonomia finanche da Eni (come sa bene la direzione e il comitato editoriale di questa rivista). 

Eni è legata alla Basilicata da un vincolo che trascende quello economico. È il motivo per cui da mesi – invano – chiedo alla classe dirigente politica lucana di redigere un piano industriale avvalendosi del management di Eni, che sono certo si metterebbe a disposizione per disegnare complessivamente le strategie di sviluppo della Basilicata. Sono fermamente convinto che sarebbe necessario mappare immediatamente le realtà e le potenzialità produttive in loco, individuare le figure più intraprendenti e innovative, stilare un piano a più voci – Regione, Eni, Confindustria, Associazioni di categoria, sindacati, Università – per costruire una “road map” del futuro produttivo della Basilicata. Ma, ripeto, con una diversa mentalità. Senza più facili atteggiamenti neo-bucolici, senza diffidenze dettate da ideologie anti-sviluppiste o da invidia sociale e senza favole tristi come la “decrescita felice”. Su questo voglio essere molto chiaro. Non sfugge a nessuno che la qualità della vita sia fondamentale (ambiente, amicizia, tempo libero, ecc.). Ma senza benessere vero e diffuso sono in pericolo la tenuta sociale, la qualità democratica e finanche quei “valori” edificanti di cui tanto si parla, e che rischiano di sbriciolarsi di fronte alle dure prove dell’indigenza e della disoccupazione endemica. È un momento difficile, cruciale. Politica, economia e società devono fare un patto per rimettere in moto l’economia regionale. Perché siamo tutti sulla stessa barca. E perché un impoverimento generale peggiorerebbe inesorabilmente la politica, l’economia e la stessa società (la povertà incattivisce). Chi crea lavoro vero, produttivo e rispettoso delle regole e dell’ambiente deve essere guardato con rinnovato favore. Affinché la Basilicata non sia soltanto un grande parco a cielo aperto di bellezze naturali, ma una terra dove poter vivere, dover poter mettere su famiglia, dove potersi permettere quel benessere economico che è condizione fondamentale del più generale benessere, finanche valoriale, della società.

Quando tutto sembra incerto e caotico, è quello il momento giusto per mettersi in cammino e per provare strade nuove. Anche perché mai come adesso è concesso sbagliare.

L’autore: Andrea Di Consoli


Scrittore, giornalista e critico letterario italiano