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Quando la soluzione viene dal passato

Raccolta e riuso delle acque piovane. Come funzionava tecnicamente l’antica pratica dei Sassi di Matera

di Annalisa Percoco
23 ottobre 2024
6 min di lettura
di Annalisa Percoco
23 ottobre 2024
6 min di lettura

I Sassi di Matera rappresentano il documento architettonico di una storia di resilienza e di una trama urbana generatrice di socialità organizzata in modo simbiotico e armonico con il paesaggio, secondo i principi dell’uso parsimonioso delle risorse e della sostenibilità. Le architetture rupestri e scavate rappresentano un modello insediativo largamente diffuso nel Mediterraneo, in particolare in Italia meridionale, Nordafrica, Anatolia e Vicino Oriente. L’eccezionalità del caso Matera rispetto a questi stessi modelli sta nel suo essere un esempio prolungato nel tempo della capacità di realizzare città e organizzare spazi con mezzi scarsi e un uso razionale delle risorse.

Matera conserva l’antico sistema di gestione delle acque costituito da cisterne, pozzi, palombari (ovvero enormi cisterne d’acqua scavate nella roccia). Il sistema è in gran parte preservato e si trovano testimonianze sulla Murgia lungo i balzi scoscesi dei Sassi, nei vicinati, e nelle abitazioni. La scarsità delle risorse, la necessità di utilizzarle in modo efficiente, l’economia della terra e dell’acqua, il controllo delle energie del vento e del sole, la conoscenza delle leggi della meccanica dei fluidi, hanno condizionato l’organizzazione del tessuto urbano dei Sassi. Per comprendere la straordinaria capacità del popolo materano di adattarsi a condizioni territoriali difficili, è opportuno descrivere l’articolato sistema di raccolta delle acque della città.

Il sottosuolo del centro storico di Matera è attraversato da un vero e proprio acquedotto scavato nella roccia, con canalizzazioni, vasche di decantazione e palombari, talmente grandi da essere state definite delle “cattedrali d'acqua”. Il sistema di raccolta ha origine dalla collina del Castello Tramontano, e attraversa, dall’alto verso il basso, tutto il centro storico.

Non c’era abitazione che ne fosse priva e in caso di necessità avevano anche accesso a quella della corte o del vicinato gestita con responsabilità.

Un’estesa rete di canalette ricavate nella roccia consentiva di convogliare l’acqua proveniente dai versanti e dai tetti all’interno delle grotte. Le acque canalizzate attraversavano vasche di decantazione che consentivano l’accumulo di acqua piovana chiarificata ai livelli inferiori. Il sistema idrico utilizzava in modo combinato la raccolta e la condensazione. Durante le piogge, terrazzamenti e sistemi di raccolta dell’acqua proteggevano i pendii dall’erosione e convogliavano per gravità le acque verso le cisterne attraverso i canali.

La copertura dei tetti è il “prolungamento costruito” di questo sistema di raccolta delle acque. I tetti non hanno mai le falde che sporgono esternamente alle abitazioni, ma sono compresi nelle murature che permettono di convogliare l’acqua di pioggia tramite discendenti di terracotta collegati a cisterne private o di vicinato.

L’ingegnoso sistema garantiva un livello stabile di risorsa all’interno delle cisterne e ogni abitazione aveva una propria autonomia idrica.

Due sono i più comuni tipi di cisterne censite nei Sassi: la cisterna a campana piccola per uso privato con un volume di circa 5-15 m3 e la cisterna a campana di vicinato a servizio di 4/6 abitazioni con un volume di circa 30-80 m3; a queste vanno aggiunte le grandi cisterne a servizio della città con un volume di circa 5000 m3. A completamento di tale complesso sistema di raccolta e distribuzione dell’acqua, Matera presenta anche tracce di neviere, strutture ipogee, in cui venivano prodotti e/o immagazzinati il ghiaccio e la neve prelevata dai tetti e dalle strade ammassandola all’interno dall’alto. Il ghiaccio prodotto dalla neve era conservato anche fino all’inverno successivo e utilizzato per uso domestico e/o venduto a rotoli.

Molte di queste cisterne sono poi nel tempo state riutilizzate e trasformate in abitazioni in risposta alla crescita demografica, secondo la tecnica del riuso.

Il sistema armonioso dei Sassi di Matera è rimasto pressoché intatto fino al XVIII secolo, quando, al contrario, vennero a determinarsi condizioni di degrado e insalubrità con la fine dei metodi comunitari di gestione dello spazio, di manutenzione igienica, di uso e riciclo dei rifiuti. Spezzandosi di fatto l’equilibrio tra risorse e spazio, i Sassi evolvono da città a quartiere rifugio, inadeguato e saturo. Diventano abitazioni le grotte deposito, le cavità per gli animali, oltre alle stesse cisterne, eliminando, di fatto, il significato dell’ingegnosità storica dei Sassi e la traccia storica del complesso sistema di gestione della risorsa idrica della città. Nel 1992 matura l’idea di candidare i Sassi per l’iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale come bene la cui eccezionalità risiede nel rapporto equilibrato e armonioso tra l’uomo e le risorse naturali.

Nel 1993 l’Unesco riconosce nei Sassi il primo sito al mondo dichiarato “paesaggio culturale”, testimonianza di una civiltà scomparsa e rappresentativo di una cultura che, fin dalle sue origini, ha mantenuto un rapporto armonioso con il suo ambiente naturale. L’esperienza di Matera contribuisce alla definizione di un modello possibile di città sostenibile e delle risposte ai problemi posti dai cambiamenti climatici: il recupero delle cisterne per l’utilizzo dell’acqua piovana, l’architettura passiva, il ripristino dei giardini pensili per il verde urbano, l’uso dei sistemi ipogei per una climatizzazione naturale.

La gestione delle acque, le pratiche di raccolta e di sfruttamento idrico costituiscono un peculiare elemento della cultura e delle tradizioni di un luogo e determinano il valore paesaggistico dei territori. In contesti più aridi come quello dei Sassi, tipicamente caratterizzati da scarsa presenza di acqua in superficie, la dipendenza degli insediamenti umani dall’acqua è sempre stata molto forte.

Lo studio dei sistemi antichi di gestione dell’acqua è utile a individuare e sperimentare forme “nuove” per favorire il miglioramento nell’attuale gestione idrica, nella consapevolezza che il problema idrico, legato a una crescente domanda di acqua e a un graduale esaurimento della risorsa, può essere risolto in parte anche guardando alle soluzioni del passato.

 

* Fondazione Eni Enrico Mattei.