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I cantieri della ricerca, da Potenza a Basilicata Novecento

“Il ‘secolo breve’ lucano è ancora orfano di ricerche importanti. Ma i tempi sono maturi per studiare anche gli anni Sessanta e Settanta e l’istituzione della Regione”. Ne parliamo con Donato Verrastro, professore associato di Storia contemporanea dell’Università degli Studi della Basilicata

di Luigia Ierace
23 ottobre 2024
10 min di lettura
di Luigia Ierace
23 ottobre 2024
10 min di lettura

La storia di Potenza e della Basilicata del Novecento alla portata di tutti. Leggere il “secolo breve”, coniugando il rigore metodologico della ricerca con gli aspetti più prettamente divulgativi legati alle pratiche della Public history e ai nuovi linguaggi della comunicazione dei saperi storici, è il filo conduttore di quello che è diventato un enorme cantiere di esplorazione di una terra che, con le parole dello storico discorso del Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli nel 1902 pronunciate nel teatro Stabile di Potenza, è ancora la “meno conosciuta in tutto il Paese”.

Ne parliamo con il professore Donato Verrastro, Professore associato di Storia contemporanea dell’Università degli Studi della Basilicata, nonché responsabile scientifico dei progetti “Potenza Novecento” e “Basilicata Novecento”.

Tra short video e portali digitali la storia esce dai libri, dalle biblioteche, dagli archivi e diventa patrimonio collettivo. Ma come nasce questo progetto?

L’idea di partenza è stata quella di aprire, tra gli altri, un cantiere di ricerca strutturato e importante su un filone storiografico solo in parte indagato fino ad oggi: la storia delle città tra il novembre 1918 e l’ottobre 1922, tra la fine della Grande guerra e l’avvento del fascismo al potere. Anni dimenticati anche sui manuali di storia che passano da un capitolo all’altro ignorando il periodo che separa le due guerre, quello in cui si forma una nuova mentalità, una cultura con una forte connotazione nazionalista e militarista. Cambiano i programmi scolastici, cambiano i giochi dei bambini che prevedono l’uso sempre più frequente dei soldatini. La grande guerra, insomma, lascia una traccia lunga che è stata indagata in uno dei quattro filoni di ricerca dedicati allo studio del Novecento.

Partiamo dal primo filone di studio…

È un progetto su “La memoria quotidiana del conflitto mondiale nel primo dopoguerra”, curato dal Comitato di Parma dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, in collaborazione con sei dipartimenti universitari e cofinanziato dalla Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’Università della Basilicata, unica per il Sud, ha partecipato alla realizzazione del sito Hemera, acronimo di History, Everyday life, MEmories, Research and Archives, con la pubblicazione open access dei lavori pubblicati da tutti i gruppi del progetto nazionale, con le schede tematiche e il repository con lo spoglio dei giornali dell’epoca.

A confronto le testimonianze di un quadriennio di vita non solo istituzionale, ma anche quotidiana di sei città: Genova, Parma, Siena, Udine, Viterbo e Potenza.

Un database, interrogabile da remoto, con oltre 6.000 articoli selezionati nelle diverse realtà che racconta i momenti più istituzionali, legati alle commemorazioni ufficiali laiche e religiose, alla monumentalistica e ai musei, ma anche il modo in cui la memoria del conflitto ha coinvolto l’alimentazione, l’abbigliamento, il commercio e l’industria, la vita scolastica, l’ordine pubblico, la salute e i momenti di svago, dal cinema, alla musica, ai teatri, ai balli, al turismo. Sono gli anni in cui sono stati costruiti i monumenti ai caduti, delle cerimonie funebri in ricordo dei reduci la realizzazione di strutture assistenziali. In particolare, abbiamo ricostruito la storia del monumento dei caduti e la sua traslazione da piazza XVIII Agosto a parco Montereale. C’è una cultura di guerra che prosegue e che poi diventa per certi versi anche il viatico per l’affermazione dei regimi totalitari in armi. Abbiamo ricostruito la storia della città, i contesti sociali ed economici attraverso quattro short video a cura di Michele Fasanella e ci siamo anche misurati con la public history. C’è un volume scaricabile gratuitamente e partendo da queste fonti sono stati avviati anche progetti con le scuole della città che hanno indagato temi di loro interesse.

Andiamo al secondo filone di ricerca…

Sempre su questo quadriennio con lo stesso gruppo di ricerca abbiamo candidato un PRIN, progetto di interesse nazionale, già finanziato, che si chiama CHILD sulla storia dell’assistenza all’infanzia in Basilicata tra il 1918 e il 1922, al quale sta lavorando Achille Conti. È appena partito un cantiere di ricerca sulle condizioni delle strutture assistenziali, sugli orfanotrofi. Tema sfiorato nel progetto Hemera, mentre adesso si è aperto un focus con lo studio dell’Archivio storico della Provincia di Potenza in relazione proprio alle condizioni dell’infanzia nel capoluogo e anche in Basilicata. Si concluderà l’anno prossimo e vedrà la produzione di articoli scientifici e di una monografia complessiva di tutte le attività di ricerca.

 

Il terzo filone si focalizza su “Potenza Novecento”.

È un portale finalizzato alla valorizzazione del capoluogo lucano, per lungo tempo marginalizzato e ormai inserito in moderni processi di sviluppo. Un percorso cronologico che approfondisce la storia politico-istituzionale, urbanistica e culturale della città, con uno sguardo anche all’arte novecentesca. In “Potenza Novecento” è confluito anche il database relativo ai gruppi dirigenti dell’amministrazione comunale dal 1898 al 1946, a cura di Martina Marzocchi, una dottoranda di ricerca di Unibas. In collaborazione con l’Archivio storico del Comune di Potenza abbiamo ricostruito tutta la storia amministrativa della città, i gruppi dirigenti, consigli, giunte comunali, sindaci, prefetti, tutte le figure di vertice partendo dall’ultima amministrazione dell’800 per arrivare alla Repubblica. È un database in cui è possibile ritrovare qualunque amministratore comunale, il suo colore politico, la sua provenienza, la sua attività. Figure in gran parte ignote la cui storia è disponibile on line. Entro fine anno realizzeremo un corto sulla storia amministrativa di Potenza. Lavoro che pensiamo di continuare approfondendo anche la seconda metà del 900.

Molto importante nella ricostruzione del primo Novecento è l’apporto degli Archivi privati.

Un pezzo di storia che è stato possibile ricostruire infatti attraverso la stampa e le cartoline d’epoca. Significativo è l’apporto dato dal dottor Luigi Luccioni. Grazie al suo archivio privato abbiamo recuperato le foto inedite del sindaco di Potenza Michele Marino, così come abbiamo potuto approfondire la figura di Nicola Vaccaro. Pur essendoci a Potenza una strada dedicata a Vaccaro, non disponiamo di molte notizie. Ignoravamo finanche i più semplici dati biografici. Poi ci sono gli Archivi fotografici di grandi fotografi potentini e lucani, patrimoni straordinari da proteggere, mettere in sicurezza e digitalizzare, come è stato fatto con l’Archivio fotografico di Emilio Colombo, ma occorre la disponibilità da parte degli eredi. Abbiamo le strutture e l’expertise per valorizzare questi fragili patrimoni che rischiano invece di rimanere chiusi nelle scatole.

Nel quarto tassello l’attenzione sul “secolo breve” si allarga dallo studio della città alla Basilicata.

Con il Centro studi Emilio Colombo, che è una delle sezioni del Centro di geomorfologia integrata che lo statista lucano ha contribuito a fondare, abbiamo già acquisito il dominio e stiamo lavorando alla creazione di un portale “Basilicata Novecento”, che sarebbe il terzo portale in Italia dopo Toscana e Lazio Novecento, all’interno del quale far confluire tutte le risorse archivistiche digitali, le pubblicazioni online sulla storia della Basilicata del secolo scorso. Un contenitore all’interno del quale chiunque possiede un archivio privato, e ce ne sono tantissimi, fotografici e documentali, potrà trovare ospitalità. Sono collettori straordinari per chi studia il ‘900. Dall’archivio fotografico di Colombo, oltre 6.000 foto già digitalizzate sul portale del Centro studi che confluiranno in Basilicata Novecento, alla storia dell’amministrazione provinciale nei primi trent’anni realizzata da Unibas.

Tanti progetti, quindi, da mettere a sistema in un unico grande portale lucano?

“Basilicata Novecento” consente di avere in un’unica allocazione tutti i materiali prodotti, renderli fruibili a tutti, aprirsi alla public history e consentire l’accesso più ampio alle ricerche soprattutto se fatte da università pubbliche. Ormai la storia e la memoria dei luoghi si costruisce anche a partire dalla condivisione. È un progetto che si è ramificato al punto da diventare un brand della ricerca lucana sull’età contemporanea.

Temi che suscitano l’interesse degli studenti?

Tutti questi nostri percorsi di ricerca entrano anche nella didattica. Molte sono le tesi di laurea con approfondimenti specifici anche multidisciplinari. E non sono tesi compilative ma attività di ricerca che hanno portato gli studenti negli archivi della Provincia per approfondire la storia delle istituzioni locali, in quelli di Stato, nonché, da ultimo, in quello della Banca d’Italia per ricostruire la sua storia straordinaria e il suo patrimonio artistico.

Ma è un secolo ancora da approfondire?

Mentre le epoche precedenti sono state maggiormente studiate, il Novecento è ancora terreno fertile per ricerche importanti. Sono state esaminate alcune tematiche, per altre è necessario un congruo distacco temporale. Ma i tempi sono maturi per approfondire anche gli anni Sessanta e Settanta, come nel caso della storia della Regione Basilicata, ma abbiamo difficoltà di accesso alle fonti, in gran parte conservate in archivi delocalizzati. Dal 1970 in poi cambia tutto, va sollevato il velo su una pagina importante della storia regionale: la prima fase dell’istituzione della Regione, un esempio in Italia, al punto che si parlò di “caso Basilicata”. C’è tanto lavoro da fare e ce ne sarà anche per le future generazioni.