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L’amore per Maratea e la passione per il turismo di padre in figlio

Due generazioni a confronto. Aldo Salerno, 82 anni, storico imprenditore alberghiero che nel 1969, ai piedi della montagna spezzata dalla frana di Castrocucco, avviò prima il ristorante e poi l'albergo. Biagio, 56 anni, il figlio, ha iniziato da ragazzo facendo il cameriere e dal 1989 lo affianca nell’attività. Testimoni di un passaggio generazionale entrambi al vertice del Consorzio turistico di Maratea

di Luigia Ierace
20 settembre 2024
13 min di lettura
di Luigia Ierace
20 settembre 2024
13 min di lettura

La montagna spezzata dalla frana, di giorno si riunisce grazie a quella striscia di asfalto rimasta lungo il costone. A picco sul mare su un panorama mozzafiato le auto, per l’avvio della stagione estiva, dal 31 maggio, hanno ripreso a percorrerla procedendo a senso unico alternato lungo la SS 18 “Tirrena Inferiore”, tra Maratea e Castrocucco. Ma sul calar della sera, quando le notti d’estate cominciano ad animarsi, dalle 23 alle 7 del giorno successivo, per ragioni di sicurezza quei 400 metri di strada (tra il km 241,400 e 241,800) vengono chiusi al traffico. Sarà così fino al 30 settembre, come dal Protocollo stipulato tra il Commissario per l’emergenza di Maratea, Anas e la Regione Basilicata. Anche se gli operatori turistici hanno sollecitato il prolungamento di un’ora e mezza dell’orario. Poi non si sa cosa accadrà.

Dal 30 novembre 2022, quando si è verificata la frana, il destino della cittadina tirrenica è legato a una delle più importanti arterie del Sud che collega la costa tirrenica unendo tre regioni: Campania, Basilicata e Calabria. La fragilità di un territorio e un futuro incerto che pesano sugli operatori turistici la cui parola d’ordine è programmazione e destagionalizzazione.

Lo fa da 55 anni, Aldo Salerno, 82 anni, storico imprenditore alberghiero che a Maratea è nato e ha fortemente creduto nello sviluppo di questo territorio e continua a farlo con grande lungimiranza e senza arrendersi. Neppure di fronte alla realtà che vede la sua struttura, nata nel 1969, nella frazione di Castrocucco, a Sud della Basilicata, a circa un km dall’interruzione, penalizzata dai collegamenti diretti con Maratea. Da imprenditore del ristorante “La Tana” poi diventato “Hotel Ristorante Borgo La Tana”, a presidente nel 1980 dell’AITAMAR (Associazione Imprese Turistiche Alberghiere Maratea) e dal 1993 del consorzio ASTMAR (Associazione Strutture Turistiche Maratea), oggi Consorzio turistico di Maratea al cui vertice c’è il figlio Biagio. Fortemente impegnato nel mondo del turismo, Aldo Salerno è anche un testimone della storia della Perla del Tirreno, fin dal 1954 quando l’industria tessile laniera sbarcò tra la Basilicata e la Calabria e nacque il polo industriale.

 

L’EPOPEA DELLA LANA - «A 13 anni sono andato a lavorare al lanificio di Maratea, nelle prime fabbriche del conte Stefano Rivetti, l’imprenditore venuto dal nord per lo sviluppo del Mezzogiorno. Andavo a piedi da Castrocucco a Fiumicello e ho lavorato per 30 anni e tre mesi nel lanificio di cui ha vissuto tutte le varie fasi: Rivetti, Lanerossi, Marlane, Marzotto». E ricorda bene il Conte Stefano Rivetti: un imprenditore illuminato che credeva in Maratea e voleva davvero farne la Portofino del Sud.

«Fu lui a volere la statua del Redentore e su un sentiero non segnato, ai piedi della statua c’è una grotta con le sue ceneri. Quella montagna è tuttora dei Rivetti - ripete indicando l’altura che copre tutto l’orizzonte davanti alla sua “Tana” -. A Maratea ci sono ancora i suoi figli. La figlia vive in una delle torri di avvistamento che vanno da Napoli a Reggio Calabria. Erano i telefonini di una volta perché da lì si mandavano i segnali di pericolo. Oggi dicono che la ricchezza arriva dal mare, allora era la paura, dei Saraceni e dei pirati ad arrivare dal mare».

 

UNA VITA FA - E lui ne ripercorre le tappe attraverso la storia della sua famiglia per la quale resta un solido pilastro. Un filo di emozione quando ne parla mentre si avvicinano la moglie Michelina Limongi e il figlio Biagio, e uno dei nipoti che fa la spola dalla reception per avere indicazioni. Perché dietro la Tana c’è sempre stata la famiglia. Tre generazioni i cui valori portanti sono «l’amore e la conoscenza». «La forza di mio padre – sottolinea Biagio - è stata aver conosciuto mia madre che ha sempre sostenuto le sue scelte ed è sempre stata al suo fianco. Una forza della natura messi insieme». «Lavora ancora con me. Neppure con la ruspa la tiro via dalla cucina! L’ho conosciuta in fabbrica, dove lavoravo come assistente tecnico, e da qui è partita la nostra avventura – spiega Aldo -. I Limongi sono una famiglia di albergatori e invogliati anche da mio zio, abbiamo deciso dopo neppure un anno dal matrimonio di iniziare con una trattoria, aperta d’estate e chiusa d’inverno. Pochi tavoli, una cucina e tanti clienti. Siamo cresciuti poco alla volta, appena mettevamo da parte un po’ di soldi facevamo una camera. Abbiamo fittato anche la nostra camera da letto e dormito nei magazzini per due stagioni, in una casa senza finestra per arrivare a questo».

 

QUANTI RICORDI! - La signora Michelina per nascondere l’emozione si avvicina a un vaso di fiori ed è il figlio Biagio, 56 anni, a riprendere il filo del racconto del padre. «Tanto lavoro e tanti sacrifici. Hanno avuto due figli: un’avvocata con due lauree e la disavvenuta di avere un figlio come me che si è drogato di questo mestiere. Ho lavorato prima da cameriere e dopo aver frequentato la scuola alberghiera a Maratea sono partito per il militare. Nel 1989 quando sono tornato, sono partiti i primi significativi investimenti, forti della mia spinta a innovare e della tranquillità di mio padre di avermi al suo fianco».

Una tradizione di famiglia che continua guardando alla terza generazione, «i miei figli», continua Biagio, indicando «quel ragazzone, Aldo come il nonno, che fa il bagnino in piscina. Poi c’è Giorgia, neo diplomata con 100, parla benissimo inglese, da un lato i libri per prepararsi all’esame e dall’altro la macchinetta del caffè e le levatacce ogni mattina per raggiungere la scuola dovendo by-passare la strada chiusa. Oggi i giovani hanno dimenticato, che il lavoro è sacrificio. Ma che è anche un valore che io ho ricevuto e ho trasmesso ai miei figli».

E la soddisfazione più grande è quando «i clienti ci ringraziano, dicono che sono stati bene e ritornano». «A volte mi sento bussare alle spalle e mi chiamano signor Tana – dice Aldo -. Abbiamo famiglie che per anni sono venuti da noi e ora mandano i loro figli. Come una famiglia toscana. Tre generazioni che sono passate nel nostro albergo. Adesso c’è il figlio del figlio di un nostro primo cliente, con il bambino piccolino. Mi sembra di rivedere in lui suo padre. Lo ricordo ancora è identico al papà quando, a sua volta, veniva in vacanza con il padre. Quando il cliente ritorna, è questa la linfa che ci aiuta a crescere. E noi di programmi ne abbiamo per altri 30 anni».

 

UN PRECURSORE DEI TEMPI - Intreccia ricordi del passato a sguardi al futuro, perché lui, che dimostra almeno 10 anni di meno, ha sempre saputo guardare avanti. Un vero innovatore nel settore. «Mi è sempre piaciuto dialogare con la gente e parlare delle bellezze della mia terra. Lavoravo in fabbrica anche il sabato e la domenica facendo i campionari per avere più ferie ad agosto quando aprivo il ristorante. Per due anni ho fatto solo ristorazione poi iniziato con le prime camere. Mi chiedevo cosa volesse trovare chi scappa dalla città. Una casa, un dirimpettaio. E così è nata l’idea del borgo per far incontrare le persone. Quando il turista apre la porta è un po’ come entrare nella propria casa. Ora si parla borgo diffuso, io ho anticipato i tempi, l’ho fatto 30 anni fa, con le prime camere che avevano davanti un piccolo giardino».

Ma ricorda anche i tempi lunghi della burocrazia lungo quei 32 km di costa, dove non c’è un posto più bello di un altro. E bisogna addentrarsi negli angoli più nascosti per conoscerli (come La Secca di Castrocucco, un posto naturale incantevole immerso tra il verde e gli scogli). Poi le difficoltà per avviare l’investimento e raddoppiare il borgo con l’obiettivo anche di destagionalizzare, il secco “no” della prima importante banca, ma subito dopo la fiducia di chi, invece, in quel progetto ci ha fortemente creduto e ha concesso loro il credito permettendo di realizzare il sogno imprenditoriale.

 

ARRIVI INTERNAZIONALI - Storie comuni a tanti giovani che hanno le idee chiare e vogliono investire nel futuro. Ancora passato e futuro si intrecciano nei ricordi e parlano proprio di destagionalizzazione. Da una parte, il padre Aldo ricorda quelle 86mila presenze di turisti tra maggio e ottobre negli anni Ottanta-Novanta, 150 russi ogni 15 giorni che davano concretezza alla possibilità di allungare la stagione di Maratea. Un flusso interrotto e poi dirottato altrove per cui oggi è difficile e inutile cercare di capirne le cause. Dall’altra, il figlio Biagio guarda al futuro perché se il Covid ha avuto il merito di far riscoprire le call, questo consente al Consorzio di avere un contatto costante con tutti gli albergatori, allargando la visione anche a livello internazionale. «Stiamo illudendo tanti comuni che si può vivere di turismo: con un ponte tibetano o un’arrampicata - dice il presidente del Consorzio - sono le aree che devono essere sviluppate e dialogare tra di loro, non bisogna essere delle macchie di leopardo».

Maratea è un fiore all’occhiello ma ha bisogno di tanti servizi. C’è una bellezza naturalistica competitiva, talmente preservata che a volte diventa un boomerang. Pochissime infrastrutture e quelle che ci sono certo non aiutano per le condizioni in cui versano. «Chi lavora sui numeri – spiega Biagio Salerno - non verrà mai a investire sul territorio ma questo paese può avere uno sviluppo importante senza distruggere nulla. L’attuale andamento economico non aiuta, con i disastri a nord e sud, molti rinunceranno alle vacanze. Maratea ha bisogno di un progetto di sviluppo non a 5 ma a 10 anni con un piano strategico regionale che guardi alle infrastrutture».

 

DAL MARE E DAL CIELO - Guarda al porto turistico ed è significativo che il nuovo sindaco Cesare Albanese ne abbia parlato subito. «Un segmento importante – ribadisce Salerno - per attrarre nuovi target medio-alti rafforzando la potenzialità di turismo nautico a Maratea offrendo una risposta alla carenza di posti barca, rispettando anche le attività di pesca, e al tempo stesso superando lo stato di abbandono e forte degrado dell’area adiacente dell’ex stabilimento industriale della Pamafi. Importante come l’avvio dell’aeroporto di Salerno-Costa d’Amalfi, per il golfo di Policastro, per Maratea e l’area sud della Basilicata per l’opportunità di incrociarsi con i flussi turistici internazionali. Ma occorre anche a una sala multifunzionale, 1000 posti, per destagionalizzare aprendo anche al turismo sportivo. Maratea ha bisogno di essere conosciuta di più a livello internazionale. Non è mai stato fatto un evento a mare e si potrebbe pensare a un festival della canzone che si affianchi al “Marateale”, da 15 anni festival internazionale del cinema e della scena emergente».

 

LA TERRA DEI VIP - E si affacciano ancora i ricordi dalle ville storiche di Romiti, Luca di Montezemolo, Agnelli, Cremonini (prima ancora che diventasse famoso) a Cusani, Tanzi. Protagonisti di ieri e di oggi, come Arisa e la Pausini che hanno scelto la spiaggia nera per i loro videoclip. «È stata nostra ospite, ha dormito in quella stanza – dicono i Salerno indicandola con un dito - ma eravamo vincolati al più stretto riserbo».

Una lunghissima chiacchierata, ma prima di chiudere Aldo Salerno si allontana un attimo e torna con un enorme raccoglitore pieno di foto. È una sorta di album, una sua guida turistica, in cui ha raccolto il meglio non solo di Maratea, la cittadella delle 44 chiese (quasi tutte chiuse) ma di tutta la Basilicata. Lo mostra ai suoi ospiti e li invita a scoprire questa terra. Salvo poi alzare le mani, quando un turista che non ha auto chiede un taxi per andare a visitare il Cristo.

 

LA LOCOMOTIVA DEL SUD - «Il mio rammarico è di non essere stato ascoltato. La mia speranza è che prima che io non ci sia più, qualcuno lo faccia. Voglio dire quello che manca a Maratea. Meno di 5000 abitanti,13 frazioni, considerando anche le più piccole si arriva anche a 16, ma non c’è un centro dove possono incontrarsi i nostri giovani. Vanno via e non tornano. Pensavo quando ho realizzato la piscina di poterla coprire con una struttura modulare in modo da metterla a servizio dei nostri giovani fuori stagione grazie a un protocollo con il Comune. Non è stato possibile». Spazia dai problemi di isolamento, alle carenze infrastrutturali e del trasporto pubblico, alla mancanza di un piano regolatore, all’ex-Pamafi diventata ricettacolo di rifiuti e cinghiali, all’assenza di servizi igienici, anche a pagamento, fino all’area del Cristo, che dovrebbe recintata per un migliore controllo, ai ritrovamenti archeologici chiusi nelle casse. Si preoccupa della chiusura di 13 strutture alberghiere e di molti ristoranti. Ma poi guarda alle bellezze inestimabili di quella che è convinto può diventare la «locomotiva del Sud e della Basilicata».