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Tra i Sassi di Matera scrigno di flora e fauna

La biodiversità, le risorse e la possibilità di valorizzarle. Ne parliamo con Pietro Laureano, architetto, urbanista e consulente Unesco per gli ecosistemi in pericolo

di Luigia Ierace
10 giugno 2024
8 min di lettura
di Luigia Ierace
10 giugno 2024
8 min di lettura

Costeggiando la Gravina, il tramonto sui Sassi di Matera offre uno spettacolo unico. La roccia scavata del Sasso Caveoso con i suoi antri abbandonati si anima all’improvviso di suoni, odori e colori. Stormi di uccelli si sentono frullare in mezzo a una vegetazione fitta e rigogliosa, irrompendo nel silenzio. È uno straordinario concerto della natura creato dal battito contemporaneo delle ali tra le fronde impenetrabili di arbusti e sempreverdi dell’odorosa macchia mediterranea che avvolge queste caverne inaccessibili all’uomo: uno scrigno di biodiversità nella “città dei contrasti”. Tra vuoto e pieno; tra antri e cielo stellato; luce e tenebra.

E quando cala il buio a sfiorare le pietre millenarie sono i led di ultima generazione, efficienti e sostenibili, della nuova illuminazione pubblica della città dei Sassi. Passato e futuro. Un mondo arcaico e le tecnologie più avanzate. Ne parliamo con Pietro Laureano, direttore e coordinatore di Ipogea, società di progettazione no profit specializzata nel restauro degli ecosistemi e dei siti del patrimonio mondiale Unesco, autore del rapporto che ha portato all’iscrizione di Matera nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

“Matera insegna che gli opposti non si negano ma sono complementari. Non c’è luce senza oscurità. Le caverne sono scavate con inclinazione precisa per accogliere nel profondo il sole. I raggi di luce condensano l’umidità e creano l’acqua indispensabile alla vita. Matera, unione della terra madre e il cosmo, nella luce mostra i principi della sostenibilità e i cicli universali della natura”.

Dallo svuotamento e abbandono dei Sassi di strada ne è stata fatta tanta, ma ora cosa bisogna fare?

Abbiamo perso degli aspetti dei Sassi che invece erano importanti. Proprio i luoghi abbandonati che erano stati un ricovero per la flora e per la fauna. Bene è stato fatto proteggendo i falchetti, ma ci sono altri animali notturni che prima ci abitavano e che sono scomparsi con la presenza umana come tutta quella flora spontanea, come la malvarosa e tutta una serie di erbe. Era uno sbocciare di fiori gialli, bianchi, viola sui tetti di abitazioni abbandonate. Ripulendoli tutto questo sparisce. Ma non dobbiamo dimenticare però che i Sassi non sono sempre completamente urbanizzati. L’urbanizzazione nasce su un percorso di stradine, canalette di acqua, terrazze che erano delle aie giardino. Alcune ci sono ancora, ma si potrebbero ripristinare tetti giardino e terrazzi e ricolonizzarli con le erbe locali delle Murge ricreando i giardini pensili tipici della nostra area.

C’è qualche angolo particolare dei Sassi che si potrebbe ancora salvare?

Sul Sasso Caveoso, che è destinato a diventare un Ecomuseo e non deve essere abitato, si potrebbero ripristinare le grotte e i giardini pensili con erbe locali. Ma ogni abitazione potrebbe avere il suo spazio tetto-giardino. Potrebbero così rifiorire tutti i Sassi, ma anche il Parco delle Murge versa in un condizioni deprecabili. Lo avevamo previsto 30 anni fa che il riscaldamento climatico avrebbe attaccato innanzitutto questo tipo di ecosistemi. Tornando dopo diversi anni, ho trovato le Murge in uno stato di aridità terribile. Stanno sparendo quegli aspetti di flora di un tempo. Certo la flora seccava, degradava, veniva fuori la gariga, la steppa, ma aveva sempre quel tanto di umidità che poi con la resilienza poteva rinverdire. Adesso assistiamo a un fenomeno di sparizione dei suoli molto forte che va aiutato con la presenza umana. Una volta i pastori scavavano delle semplici pozze che si riempivano d’acqua che poi davano all’ambiente, alle piante, agli animali. Noi dovremo fare una politica di micro bacini, micro captatori di acqua per ridare un po’ di acqua, ma anche solo di umidità all’ambiente che consenta poi di poter rifiorire.

La stessa resilienza dei Sassi anche nella biodiversità. Servirebbero progetti specifici?

Ce ne sono tanti che potrebbero essere candidati all’Unione europea, alla Transizione ecologica. Bisogna puntare sull’armonia uomo-natura e favorire la resilienza ambientale attraverso la capacità dell’uomo di indirizzare certi processi. Ma del resto, è quello che a Matera è sempre stato fatto. Praticamente è il segno di Matera che è intervenuta in questo modo sull’ambiente.

Chi potrebbe prendere a cuore e portare avanti questo percorso?

Se le amministrazioni volessero, Ipogea può farlo. Facciamo progetti di questo tipo in tutto il mondo, in tutte le zone aride. Ricordiamo che il modello di Matera è stato già utilizzato, funziona. Io sto lavorando in una città che si chiama Al-‘Ula in Arabia Saudita, che è come Petra, ma non ha voluto seguire l’esempio di Petra che ha fatto dei grossi errori nei suoi processi turistici di trasformazione. Ad Al-‘Ula abbiamo preso come modello l’esperienza di Matera, ma stiamo andando oltre, portando avanti tutte le cose che non siamo riusciti a fare nella città dei Sassi. In particolare, stiamo ricostruendo dei tunnel sotterranei che risalgono al 1000 a.C. quando l’acqua si prendeva da sotto le sabbie e si portava nell’oasi. Oggi, vogliamo ridare l’acqua alle oasi nello stesso modo. Un modo arcaico ma che in realtà è il modo del futuro, perché sostenibile.

Anche a Matera c’è un ‘rischio turismo’?

Si, perché i Sassi sono fragili. Certo, è un rischio che si trova dappertutto; c’è a Firenze, a Venezia dove le situazioni sono gravi e molto avanzate. Ma Matera potrebbe essere più lungimirante. Sappiamo che i Sassi e le Murge sono fragili e anche troppa presenza umana può essere negativa. Allora offriamo più spazi, aumentiamo le occasioni di visita, l’area di interesse, per esempio con il geo-turismo, le camminate, le passeggiate anche nei dintorni, per esempio, nelle Gravine, che si potrebbero candidare all’iscrizione Unesco. Le Gravine sono altre Matera che però non hanno avuto lo stesso percorso.

Matera si candida anche a capitale della biodiversità?

La presenza umana e la diversità culturale favoriscono la biodiversità, perché culture diverse agevolano la presenza di altre specie di piante, portano nuova linfa. Proprio l’avvicendarsi di popoli diversi nel Mediterraneo e in Italia, in particolare, ha creato questa grande biodiversità. Siamo il Paese con il più alto tasso di biodiversità al mondo. Ma questo proprio grazie all’intervento umano che ha trasportato sementi, spore, nuove specie. Facciamo un esempio con la natura: i fiori si sono evoluti in parallelo con gli insetti. Perché è l’insetto che impollina il fiore: il fiore attrae l’insetto, quindi le piante si sono evolute proprio attraverso gli insetti impollinatori. Quindi tutto è connesso. Nello stesso modo, la biodiversità si è accresciuta grazie alla presenza umana, alla presenza di diverse culture. Quindi la diversità culturale è componente fondamentale della biodiversità. Perciò promuovendo la multiculturalità, proteggiamo la biodiversità.

Anche per preservare la città dei Sassi?

Matera è frutto di una grandissima differenziazione di culture. Matera ci parla di un passato che in altri posti è stato cancellato per fare la città moderna fatta di strade dritte che conducono direttamente in un posto. A Matera, invece, le strade sono storte, ci sono delle curve, ci si ferma a parlare con le persone. È una città diversa fatta sull’amicizia, sull’incontro tra le persone, non per raggiungere uno scopo o ordinata da un Principe. È fatta dal popolo stesso. È un’espressione di comunità.

E di culture...

Certo. Biodiversità bio e diversità culturale che vanno insieme perché la diversità delle culture e l’attenzione alle culture e alle tradizioni è quello che fa in modo che poi il contadino mette la pietra calcarea vicino alla pianta. La pietra calcarea di notte si riempie di umidità e di giorno la pianta sta bene e vegeta. Così vediamo una specie che non riuscirebbe a vivere che sopravvive grazie a questa azione umana. La protezione delle biodiversità grazie all’uomo.