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Sotto i nostri piedi, un bene prezioso

Secondo un rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, la Basilicata è fra le regioni più attente alla protezione e alla conservazione del proprio suolo. Soltanto Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta la superano.

di Francesca Santoro
27 ottobre 2023
5 min di lettura
di Francesca Santoro
27 ottobre 2023
5 min di lettura

All’indomani dell’Unità, in Italia - come del resto in tutta Europa nella seconda metà dell’Ottocento - le città hanno cominciato a espandersi rapidamente, inghiottendo terre agricole e cambiando il volto del continente. Fabbriche, residenze, strade e ferrovie hanno trasformato l’orizzonte, e le campagne sono state sempre più spinte ai margini. Milano, Roma, Torino, Napoli… le principali metropoli italiane hanno conosciuto una crescita senza precedenti. Dal secondo dopoguerra industrializzazione, immigrazione interna e boom economico hanno esacerbato il fenomeno e nuovi quartieri, infrastrutture e abitazioni sono diventate panorama sempre più familiare. Da allora, non ci siamo più fermati.

Regione dall’economia prevalentemente agricola sin dal IX secolo a.C., la Basilicata ha sì conosciuto una migrazione della popolazione dalle aree rurali alle città, ma in modo meno intenso rispetto alle altre regioni italiane - proprio in mancanza di una forte industrializzazione. Anche oggi, la Basilicata risulta meno densamente popolata rispetto alla media italiana: secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2021, la Basilicata conta una media di 54,1 abitanti per chilometro quadrato, la più bassa fra tutte le regioni - ad eccezione della Valle d’Aosta che è ferma a 38,1. La media nazionale invece è di ben 195,8 abitanti per kmq, fra l’altro di gran lunga superiore alla media dei Paesi Ue, pari a 99,4.

Da un lato siamo abituati a pensare alle città come l’emblema della comodità, con le strade, i collegamenti, le infrastrutture e ogni bene a portata di automobile; dall’altro tutto questo ha avuto e ha tuttora un costo in termini di ambiente e territorio. Fra le prime risorse a pagarne il prezzo c’è il suolo, bene fondamentale per l’ecosistema terrestre e per la stessa sopravvivenza umana. Guardiamo innanzitutto qualche dato: stando al Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), la media italiana dell’indice di suolo consumato nel 2021 è 7,13%, cioè sono stati consumati più di 2 milioni di ettari (2.148.515), con un incremento significativo di 6.334,44 ettari rispetto al 2020. E se pensiamo che nel 2006 la percentuale era 6,75%, non stupisce che l’Unione europea abbia elaborato una soil strategy, con l’obiettivo di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050 - la questione, infatti, riguarda tutti i Paesi europei fortemente industrializzati come l’Italia. L’Ue vuole arrivare a garantire la salute e la resilienza di tutti gli ecosistemi del suolo, evitando il consumo netto di terra e riducendo l'inquinamento a livelli sicuri per l'ambiente e la salute umana: protezione, gestione sostenibile e ripristino dei suoli degradati sono le azioni concrete da attuare.

In questo quadro, la Basilicata rappresenta un esempio virtuoso, aiutata sicuramente dalla bassa densità abitativa e dall’economia prevalentemente agricola: con un indice di suolo consumato del 3,2%, la regione è fra le più attente alla protezione e alla conservazione del proprio suolo. Soltanto Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta hanno percentuale più basse - rispettivamente 3,1% e 2,1%. Inoltre, mentre molte regioni italiane hanno visto un aumento significativo del consumo di suolo nel corso degli anni, la Basilicata è stata in grado di limitare questo fenomeno, contribuendo così alla protezione del suolo come risorsa non rinnovabile. La Basilicata è infatti la regione in cui l’aumento del consumo di suolo rispetto al 2020 è stato meno significativo - ad eccezione della Valle d’Aosta: solo + 0,24% in un anno, quindi 18 ettari. Un trend positivo da conservare ed emulare anche nelle altre regioni.

Ma perché ci serve, il suolo? “Terreni e suoli sono risorse fragili e limitate, soggette alla pressione di una sempre crescente ricerca di spazio: l'espansione urbana comporta la perdita di suolo, risorsa non rinnovabile e la sua impermeabilizzazione del suolo consumano la natura e trasformano preziosi ecosistemi in deserti di cemento” (Commissione europea, 2021). Per consumo di suolo, quindi, si intende “l’incremento della copertura artificiale del suolo, di solito elaborato su base annua”: l’indice del consumo di suolo è utile a capire lo stato di salute dell’ecosistema, e a intervenire in caso di valori troppo alti. L’impermeabilizzazione del suolo - cioè la copertura con materiale artificiale, come l’asfalto - oltre a privarci di diversi bonus, comporta anche dei malus, come l’aumento del rischio di inondazioni e della minaccia alla biodiversità. Il suolo è una risorsa limitata, che impiega migliaia di anni a riprodursi anche di pochi centimetri. Acqua, nutrienti, carbonio, biomassa, materie prime… si trova tutto sotto i nostri piedi, su quel “tappeto magico” che, davvero, diamo per scontato. E sul quale, in effetti, camminiamo così poco. Tranne in Basilicata.