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Gli altri Patrimoni

La faggeta vetusta del Pollino e i Sassi di Matera: l’Unesco custodisce il tempo antico della Basilicata.

di Lucia Serino
29 settembre 2023
3 min di lettura
di Lucia Serino
29 settembre 2023
3 min di lettura

Una foresta di alberi antichi, maturi, di età moto avanzata. Vecchi. Pronunciamola la parola, tanto qui non fa paura, anzi, serve a capire come funziona ed evolve la vita. Una foresta vecchia, vetusta, quella che può trovarsi al termine del ciclo della vita, è la massima espressione della naturalità dei nostri territori. Una la custodisce la Basilicata, nel Pollino, dove l’azione dell’uomo si è mantenuta guardinga o è stata rispettosa, si è come coperta di foglie per essere tutt’uno con gli alberi, esattamente come nel film di Michelangelo Frammartino che, da queste parti, ha portato l’occhio della sua macchina da presa. Gli alberi sono cresciuti indisturbati, avanzando nei secoli dei secoli, in un’età lunghissima che ha trovato via via sostegno e linfa accanto alle pianticelle di nuova generazione in un’unica zona rifugio. Questa meraviglia della natura si trova tra le cime del Pollino e del Dolcedorme, è la faggeta vetusta di Cozzo Ferriero, nel comune di Rotonda, ed è patrimonio Unesco dal 2017. Vive in simbiosi con il secolare Pino Loricato, e si estende fino a 2.000 metri di quota riuscendo, quindi, a resistere in condizioni climatiche e ambientali abbastanza estreme. In questa faggeta, grazie alla collaborazione tra l’Università della Tuscia e l’Ente Parco Nazionale del Pollino, sono stati scoperti i faggi più vecchi d’Europa datati oltre 600 anni.

Nel 2021 il riconoscimento Unesco è stato dato anche alla faggeta Vetusta del Pollinello, stesso parco, solo qualche chilometro più avanti, nel comune di Castrovillari. Entrambe fanno parte delle foreste di faggio antiche e primordiali dei Carpazi e di altre regioni d'Europa, che comprende 18 paesi europei. In Italia ce ne sono 13, due nel nostro Pollino.

La faggeta di Rotonda e i Sassi di Matera (con il relativo patrimonio delle chiese rupestri) sono i due siti Unesco che la Basilicata già custodisce in attesa del verdetto sulla candidatura dei Cammini al Sacro monte di Viggiano. Alberi di 400/500 anni, lasciati intatti nel corso dei secoli, con fusti morti ancora in piedi, aggrovigliati. Esattamente come quel complesso di case, chiese, monasteri ed eremi costruiti nelle grotte naturali della Murgia, un altopiano calcareo caratterizzato da profonde fessure, burroni, rocce e caverne. In entrambi i siti l’uomo non ha fatto danni, nel Pollino non ha mai toccato una foglia, a Matera ha scelto la vita in grotta, testimoniando un adattamento all’ambiente che nel corso dei millenni si è tradotto in una forma abitativa di eccezionale valore culturale e antropologico. Due patrimoni diversi eppure simili, due esempi di ecosistema naturale in equilibrio, due pezzi della Basilicata antica, antichissima, lontana dagli splendori monumentali palladiani o vanvitelliani che si trovano nel libro delle altre mirabilia italiane dell’Unesco.

La vera ricchezza della Basilicata è dunque la custodia del tempo. La faggeta centenaria ha avuto la capacità di resistere alle vicissitudini climatiche e la sua conservazione oggi è cruciale per comprendere l’adattamento agli attuali cambiamenti. Esattamente come i Sassi di Matera riconosciuti siti Unesco trent’anni fa, nel 1993, il primo del Sud cui seguirono il centro storico di Napoli nel 1995, i Trulli di Alberobello nel 1996 e poi le sette meraviglie siciliane dal 1997 in poi. (l.s.)