Platano-Carpineto.jpg

La creatività del Novecento Lucano

Da Matera città laboratorio con Olivetti, a Potenza con le opere d’arte di tre esponenti della Scuola italiana d’ingegneria: Musmeci, Morandi e Zorzi. Beni culturali tutelati e da tutelare. Parla Luigina Tomay, dirigente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.

di Luigia Ierace
21 luglio 2023
10 min di lettura
di Luigia Ierace
21 luglio 2023
10 min di lettura

Alla scoperta delle architetture contemporanee della Basilicata. Dalle sperimentazioni urbanistiche di Adriano Olivetti alle opere d’arte di Sergio Musmeci, Riccardo Morandi e Silvano Zorzi. È la Basilicata con i suoi beni culturali, tutelati e da tutelare. Sembrerà strano, ma nel settore delle costruzioni si definiscono opere d’arte anche ponti, viadotti, cavalcavia, gallerie, dighe. Opere di ingegno che, in alcuni casi, finiscono poi per coincidere con il significato che si attribuisce genericamente all’espressione opere d’arte.

Ma il crollo del ponte Morandi a Genova, con la conseguente completa demolizione, ha segnato una svolta per tutte le opere d’arte contemporanee, siano esse infrastrutture stradali o edifici, riportando all’attenzione oltre al tema della sicurezza anche quello della tutela di tutti quei beni di particolare pregio che, se considerati e valutati con la giusta attenzione e al momento opportuno, possono essere salvaguardati se vengono dichiarati d’interesse culturale. Ne parliamo con Luigina Tomay, dirigente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.

Il vincolo sarà quindi fondamentale per preservare il patrimonio del Novecento lucano, che si distingue per la varietà, qualità e specificità?

La Basilicata è un caso singolare in Italia, soprattutto dal punto di vista della sperimentazione urbanistica. Su questo fronte, la città di Matera ha rappresentato un vero e proprio laboratorio grazie alle iniziative di Adriano Olivetti. A sua volta, la provincia di Potenza vanta, tra le altre, tre opere straordinarie di altrettanti rappresentanti della rinomata Scuola italiana d’ingegneria: Sergio Musmeci, Riccardo Morandi e Silvano Zorzi.

E proprio il ponte Musmeci, simbolo della città di Potenza, sarà oggetto di un intervento di restauro, dopo un bando europeo di progettazione. Quale compito ha avuto la Soprintendenza finora e quale avrà in fase di esecuzione dell’intervento?

Il mio predecessore – l’architetto Francesco Canestrini - è stato membro della commissione che ha valutato le proposte presentate nell’ambito del Concorso di progettazione per il restauro conservativo del ponte, bandito dal Comune di Potenza nel 2020. La Soprintendenza, inoltre, valuterà nel merito il progetto esecutivo di restauro e garantirà, anche tramite sopralluoghi in corso d’opera, la concreta applicazione delle tecniche più idonee per la tutela e la valorizzazione del bene.

Parte, quindi, dalla Basilicata la sfida per la cura dell’importante patrimonio in cemento armato del Novecento in Italia?

Negli ultimi anni il Ministero della Cultura ha focalizzato l’attenzione sulle opere costruite in Italia a partire dal secondo dopoguerra. Ne sono scaturiti il “Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi”, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea, e l’“Atlante dell’Architettura Contemporanea”, che del primo rappresenta una selezione suddivisa per itinerari tematici. Ad oggi l’Atlante include due beni realizzati in Basilicata: il citato Viadotto dell’Industria sul Fiume Basento, opera del visionario Sergio Musmeci, sottoposto a tutela nel 2003, e la Chiesa Parrocchiale del Borgo la Martella, progettata da Ludovico Quaroni, illustre architetto, urbanista e docente.

Ma la Basilicata vanta altri due viadotti, opera di due grandi progettisti agli inizi degli anni Settanta: il primo è il Carpineto, noto come il “Morandino”, progettato da Riccardo Morandi, con i suoi stralli in calcestruzzo che ricordano il ponte sul Polcevera a Genova…

La realizzazione del Viadotto Carpineto si intreccia con le rivendicazioni operaie degli anni Settanta del Novecento, rappresentando anche un riflesso dell’Italia di quel tempo sia per la storia dell’evoluzione tecnica che vedeva i primi impieghi del cemento armato precompresso, sia per essere stato scenario di rivendicazioni sociali.

E il Platano di Silvano Zorzi, il terzo ponte più alto d’Italia tra Vietri di Potenza e Romagnano sul Monte (Salerno)?

Silvano Zorzi, progettista del Viadotto Platano e di altri ponti, dislocati lungo le autostrade della Penisola, tutti caratterizzati da essenzialità e leggerezza, incarna l’emblema dell’ingegnere “produttore” che, non pago di un’asettica applicazione di tecniche e metodologie note, cerca di anticiparne gli sviluppi, rendendosi protagonista delle innovazioni.

Per entrambi state lavorando per sottoporli a tutela? A che punto è l’iter per il riconoscimento?

L’architetto Simonetta Montonato, responsabile per la Soprintendenza dell’Area Architettura, ha già effettuato insieme ad alcuni validi collaboratori i primi sopralluoghi. Attualmente si stanno istruendo le proposte di dichiarazione dell’interesse culturale, comprensive di relazione scientifica, documentazione tecnica, d’archivio e fotografica, che saranno presentate nei prossimi mesi alla Commissione Regionale del Patrimonio Culturale, istituita presso il Segretariato Regionale del MiC per la Basilicata, a cui spetta il compito di decretare le dichiarazioni di interesse culturale.

Tutela e sicurezza sono le due grandi sfide che interessano le infrastrutture d’arte. Nel caso dei due viadotti lucani, in particolare, non si rischia di arrivare tardi, visto che sono previsti interventi che possano modificare, anche nell’uso di materiale, le due strutture?

In realtà cerchiamo di monitorare i lavori in atto, che riguardano essenzialmente la messa in sicurezza delle strutture e la loro manutenzione, a garanzia dell’incolumità pubblica, e non prevedono la modifica degli elementi costitutivi dei ponti.

Anche l’ingegnere Fabrizio De Miranda, progettista di ponti e strutture, ha lasciato le sue tracce in Basilicata? Ci sono opere di particolare rilievo?

Di Fabrizio De Miranda è noto, tra gli altri, il Viadotto “Italia”, sul Fiume Lao, in Calabria, a circa 6 km di distanza dal confine con la Basilicata. Al pari del Viadotto Platano e del Viadotto Carpineto, le condizioni geomorfologiche del sito di realizzazione, a ridosso del Massiccio del Pollino, ne hanno determinato imponenza dimensionale e arditezza tecnologica.

Ma non solo ponti e viadotti stanno suscitando l’interesse della Soprintendenza, giusto?

Infatti, la creatività dei protagonisti del Novecento ha trovato applicazione in molti altri edifici. Ad esempio, la città di Potenza offre numerosi esempi di architetture, tra cui spicca, per espressività e imponenza, l’ex Ospedale Ortofrenico, opera brutalista progettata dall’architetto Marcello D’Olivo alla fine degli anni Sessanta, su cui ci si riserva di compiere opportuni approfondimenti. E per quanto riguarda gli edifici di culto è stato appena avviato il procedimento per il riconoscimento dell’interesse culturale della Chiesa di San Giuseppe a Borgo Taccone, nel comune di Irsina, opera dell’architetto, ingegnere e urbanista Plinio Marconi. È in corso di istruttoria anche lo stesso procedimento per la Chiesa Parrocchiale del Borgo la Martella di Matera.

Un impegno a 360 gradi per la Soprintendenza che parte dalla mappatura dei beni.

Abbiamo avviato una serie di iniziative e interlocuzioni volte a una mappatura esaustiva di questi beni e alla formalizzazione dei relativi provvedimenti di tutela. Quella del patrimonio del 1900 in Basilicata è una situazione stratificata, trasversale a diverse discipline. Richiamarne alcuni esempi noti non ne restituisce la complessità. In questa fase la Soprintendenza si sta concentrando più che sul vasto numero di opere - il “Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi” ne conta 115 per la Basilicata - sulla loro tipologia architettonica, con particolare riguardo a quelle più significative nell’ambito delle rispettive destinazioni d’uso.

Un altro tema che si pone però dopo la dichiarazione dell’interesse culturale di questi beni è la loro conservazione, ma anche la valorizzazione, a partire dalla conoscenza? E questo è un impegno che chiama in causa diversi soggetti?

Sicuramente. A differenza di quanto comunemente si ritiene, la dichiarazione di interesse culturale rappresenta non un deterrente per il futuro utilizzo degli immobili, ma piuttosto una vera potenzialità in termini di tutela, promozione e valorizzazione. E a questo, come ben sancito dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, concorrono insieme allo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali. A questi possiamo senz’altro aggiungere i cittadini e le comunità che, nella visione dinamica di fruizione del patrimonio sancita dalla Convenzione di Faro, sono, in quanto principali beneficiari, protagonisti attivi e responsabili della tutela e gestione dei beni culturali.

Una curiosità: gli ultimi due beni soggetti a vincolo riguardano due stazioni di servizio. Questo dimostra quanto possa essere variegato e complesso l’ambito di attività?

Si è iniziato dall’ex stazione Agip in via Annunziatella a Matera e dall’ex Motel Agip di Pisticci, lungo la Basentana, dichiarati di interesse culturale nel maggio di quest’anno. Grazie al prezioso materiale fornito dall’Archivio Storico Eni è stato possibile contestualizzare i due beni nel più ampio scenario del boom economico e dello sviluppo della rete autostradale italiana, restituendo la complessa genesi della loro progettazione, volta all’individuazione di standard e modelli replicabili sull’intero territorio nazionale e al soddisfacimento di nuove esigenze, quelle degli italiani che, forti di un ritrovato benessere economico, iniziavano ad acquistare e utilizzare l’automobile per la percorrenza di lunghi tragitti.

Ma c’è anche un mondo da esplorare intorno alla mobilità sul territorio lucano: dalle stazioni ferroviarie alle case cantoniere. C’è già qualche progetto?

Nell’ultimo decennio la Soprintendenza della Basilicata ha avviato un’importante campagna di conoscenza e valutazione delle case cantoniere, ai fini del riconoscimento del loro valore culturale. Grazie ai fondi del PNRR molte case cantoniere tuttora utilizzate come “fabbricati viaggiatori” sono state interessate da progetti di restauro conservativo e adeguamento funzionale.

Luigina Tomay

È dirigente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata dal 2021. Precedentemente, è stata funzionario archeologo e direttore di diversi uffici territoriali e musei per conto del Ministero della Cultura.