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“La Basilicata può giocare un ruolo importante"

La regione è determinante nella partita che vede il Mediterraneo al centro delle strategie energetiche. Ci spiega perché il nuovo responsabile del Dime, il Distretto meridionale dell’Eni, Emiliano Racano.

di Lucia Serino
26 aprile 2023
9 min di lettura
di Lucia Serino
26 aprile 2023
9 min di lettura

“Sapevo di trovare qui, in Basilicata, persone affidabili su cui poter contare, già conosciute. È stato un dettaglio rassicurante, anche se chi viene in Val d’Agri sa che c’è un’eccellenza operativa”.

Emiliano Racano, 47 anni, ingegnere laureato a Bologna, abruzzese di Vasto (“sì, sul mare, anche se i miei genitori sono di due paesini interni non molto dissimili da quelli lucani”) è il nuovo responsabile del DIME, il Distretto meridionale dell’Eni, dopo la partenza di Eugenio Lopomo.

Racano era già stato in Basilicata, una quindicina di anni fa, da responsabile della produzione, una tappa del viaggio intorno al mondo al quale in genere sono destinati i manager Eni. Una geografia estrema, da un parallelo all’altro della terra, dal Nord più a Nord dell’Europa, dove la notte è lunga, al Kazakistan, tra piattaforme, centri produttivi ed aree esplorative (“Siamo i più bravi al mondo nell’exploration”, dice con orgoglio, “spesso arriviamo quando gli altri vanno via senza essere riusciti a trovare nulla”). E poi l’Africa e Londra, e tanti altri luoghi, più o meno una valigia ogni due anni, per arrivare infine in Sicilia, a Gela, ultimo approdo (è stato presidente e amministratore di EniMed) prima del ritorno in Basilicata.

Un ingegnere del petrolio (esperto anche di digital trasformation), naturalmente pronto alla grande sfida di Eni che è la grande sfida del nostro tempo, quella della transizione energetica. “Anche la Basilicata dovrà affrontarla”. Ma è, appunto, una transizione, non un salto. Abbiamo incontrato l’ingegnere Racano nella sede Eni di Potenza. 

Bentornato in Basilicata, ingegnere. Partiamo proprio da questo. È passato del tempo, cambia oggi anche il suo ruolo, è mutato il contesto rispetto alla sua prima permanenza nella nostra regione. Quali sono le sfide che accompagnano il suo ritorno?

La presenza di Eni su questo territorio è ormai radicata da quasi trent’anni. La mia prima esperienza qui è stata nel ruolo di responsabile della produzione quasi 15 anni fa. Torno da responsabile del Distretto Meridionale con la consapevolezza di rappresentare un’impresa importante per il territorio, che scommette ancora sulle potenzialità di questa terra. La dimensione del ruolo è decisamente più ampia e il contesto complessivo più articolato di quello che ricordavo; mi ha fatto però enorme piacere ritrovare tra le maglie della struttura organizzativa i volti di vecchi amici divenuti ormai colleghi esperti su cui so di poter contare. In continuità con l’operato dei miei predecessori, lavoreremo per il consolidamento degli asset produttivi, l’implementazione delle migliori tecnologie disponibili, l’avanzamento dei processi di digitalizzazione. Ma non abbandoniamo la strada della diversificazione e della transizione, con progettualità dedicate.

Nell’ultimo anno, grazie agli accordi della Regione con Eni/Shell, la Basilicata è diventata un modello italiano ma anche europeo di sostenibilità sociale in materia energetica grazie al bonus gas. Un punto di arrivo o di partenza?

Un punto di arrivo rispetto alla proroga della Concessione Val d’Agri che rappresenta l’atto attraverso il quale è stato possibile giungere agli accordi di compensazione con la Regione. Un punto di ripartenza per un rinnovato dialogo con la comunità che sa di poter contare su un’agevolazione unica nel suo genere, nata dalla volontà di ascolto delle esigenze del territorio.

Sempre grazie agli accordi di cui prima, cioè grazie alle risorse compensative per l’estrazione in Val d’Agri, c’è ora un grande piano decennale per progetti non oil: in parte li farà la Regione, in parte sarà una progettualità Eni. La transizione energetica è la più grande sfida del nostro tempo. Cosa ne pensa e quali sono i passi? Può anticiparci qualcosa di questi progetti?

Nell’ultimo piano strategico 2023-2026 Eni ha confermato il suo impegno verso l’azzeramento delle emissioni nette al 2050. Un impegno che si concretizza in un modello di trasformazione industriale che deve interessare anche la Basilicata. I progetti non oil rappresentano una parte di questo modello. Si tratta di proposte che mirano a innescare e accelerare, facendogli da incubatore, l’avvento di un necessario futuro decarbonizzato. Abbiamo presentato vari progetti al tavolo tecnico permanente in Regione che spaziano dalle tematiche di mobilità sostenibile al sostegno all’impreditorialità locale, dalla produzione di biometano a quella di oli vegetali per alimentare i processi di bio-raffinazione, dal supporto alla rigenerazione urbana dei territori a quello per la decarbonizzazione dell’industria attraverso la realizzazione di impianti fotovoltaici.

La Basilicata è un hub energetico con un mix di fonti differenziate: è anche ricca di rinnovabili, qui sorgerà una delle hydrogen valley italiane. La posizione di Eni è chiara: non può esserci decarbonizzazione senza passare dal gas, ma anche senza le tecnologie, la mobilità sostenibile, la riduzione delle emissioni e l’economia circolare.
Al momento la Basilicata è la regione italiana che produce più gas naturale, circa 1 miliardo e 200 milioni di metri cubi per il 2022. La valorizzazione delle risorse nazionali di gas rientra negli obiettivi di Eni, ma non basta. Serve la giusta neutralità rispetto alle tecnologie utilizzate e il giusto mix energetico. E la Basilicata può giocare un ruolo importante in questa partita che vede il Mediterraneo al centro delle strategie energetiche.

A proposito di mobilità sostenibile, è un tema caldo quello della neutralità tecnologica. Tra l’altro l’industria italiana ne ha parlato proprio in Basilicata qualche settimana fa. Lei viene dalla Sicilia dove Eni è leader nella bioraffinazione.

Eni in Sicilia sta portando avanti da anni un processo estremamente virtuoso di riconversione industriale, senza rinunciare agli importanti investimenti sul gas quale prodotto energetico di transizione, mantenendo però al centro gli obiettivi di neutralità carbonica e facendo leva su un meccanismo di “riuso” e rimessa a fattore comune di strutture e competenze esistenti, per minimizzare gli impatti ambientali e massimizzare il coinvolgimento delle maestranze locali. Lo fa in un’ottica di sistema sfruttando le sue tecnologie proprietarie e il suo posizionamento quale impresa internazionale dell’energia: la raffineria di Gela è stata riconvertita in bioraffineria già da alcuni anni, ed è notizia di alcuni mesi fa che il primo cargo di olio vegetale prodotto da Eni in Kenya, non in competizione con la filiera alimentare, sia giunto allo stabilimento di Gela per la sua lavorazione e trasformazione in biocarburanti idrogenati.

Torniamo alla Val d’Agri: Orizzonti ha pubblicato un bel po’ di interviste alle persone che lavoravano in Eni, a vari livelli di responsabilità. C’è un minimo denominatore nelle conversazioni, tutti sostengono che la “palestra” COVA è un lasciapassare per il resto del mondo. Ci sono nuove sfide in vista?  

Il Centro Olio Val d’Agri è una vera e propria eccellenza operativa nel mondo Eni. Qui l’innovazione è costante, anche sui temi della trasformazione digitale di cui mi occupai proprio io, nel 2019. Portammo avanti una serie di iniziative volte a fare del Centro Olio Val D’Agri il riferimento tecnico aziendale in tema di soluzioni digitali che oggi vengono via via implementate su altri impianti in tutto il mondo. Ma il valore aggiunto della nostra impresa sono le persone. Chi viene in Basilicata sa di avere davanti una sfida professionale importante e formativa, che spesso esporta anche in giro per il mondo. La sfida quotidiana è operare secondo i più alti standard di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in un’ottica di massima trasparenza nei confronti del territorio che ci ospita.

Infine, ingegnere, Eni significa valore Italia in tutto il mondo. Con un valore ulteriore oggi, considerando il momento storico critico che viviamo. Ma qual è il valore Basilicata per Eni?

 

La Basilicata è da sempre per Eni un investimento importante in termini di produzione ed eccellenza operativa. Qui più che altrove Eni ha instaurato rapporti con le comunità locali che hanno consentito di sviluppare progetti e percorsi di crescita comune. Ci sono tanti colleghi e collaboratori lucani dentro e fuori dall’Eni che, lavorando ogni giorno sui temi dell’energia e della sostenibilità, coi valori propri di questa splendida terra, ne contribuiscono a formare il carattere, in un contesto di evoluzione e trasformazione senza precedenti. Io sono abruzzese, qualcuno ha detto che quello abruzzese è un popolo forte e gentile: in questo, credo che siamo molto simili ai lucani.

 

Emiliano Racano

È il nuovo responsabile del DIME, il Distretto meridionale dell’Eni. Ingegnere laureato a Bologna, 47 anni, abruzzese di Vasto. In precedenza ha avuto diversi incarichi in Eni, l’ultimo come presidente e amministratore di EniMed.