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«Da qui non escono numeri, ma valori»

Gabriele Gallo, il chimico che guida il LaboDime: «Un giacimento si coltiva, non si sfrutta».

di Lucia Serino
06 luglio 2022
3 min di lettura
di Lucia Serino
06 luglio 2022
3 min di lettura

Ampolle e provette, cannule, distillatori, la classica vetreria del laboratorio chimico insieme a una strumentazione di altissima precisione. L’occhio cade sulla tavola periodica degli elementi, poggiata su un desk di lavoro. Inutile sforzarsi, i ricorsi si fermano ad H2O, oltre è il buio dei numeri atomici e delle formule.

La chimica non è per tutti, Gabriele…

«Ma è in tutti e in tutte le cose…»

Sembra quasi un atto di fede…

«Lo è, siamo dentro un meccanismo vitale»

Il LaboDime, il laboratorio di analisi chimiche del Dime, è un polo di eccellenza ad alta tecnologia per lo studio e a ricerca applicata alle matrici olio, acqua e gas. Si trova all’esterno del Centro Olio Val d’Agri, nella zona industriale di Viggiano. Gabriele Gallo, 46 anni, siciliano, ne è il responsabile, ne parla con l’affetto e la cura di chi l’ha visto nascere. Due anni fa. È una specie di sacerdote del tempio, conosce la composizione di ogni goccia. E fa muovere apparecchiature millimetriche assai complesse.

«Era importante avere un laboratorio di questo tipo in Italia, in un centro di produzione. Ne abbiamo progettato anche il design, funzionale alle attività. È un supporto fondamentale per il Cova. Un laboratorio chimico a servizio dell’oil&gas industry ha una dinamicità particolare, oltre agli esami di routine si interviene sulle evenienze di processo. È un presidio per il territorio.»

Routine e criticità, un po’ come le persone. È azzardato il confronto?

«Per niente. È proprio così. Ci sono esami di routine, che fai quando sei in salute ed esami specifici e necessari nei momenti in cui sorge qualche problema. Semplifico ma vorrei aggiungere una considerazione spesso trascurata o equivocata: il petrolio è stato vita, è la risultanza di sedimentazione organiche millenarie, foreste sommerse…».

La racconti bene, in quanti siete?

«Siamo una decina. Qui è garantita una crescita professionale su campo perché è l’operatività del Centro Olio che la consente ma anche la disponibilità di tecnologie innovative fa la sua parte».

Gabriele come sei arrivato in Eni?

«Con l’invio di un curriculum e una candidatura on line. Sapevo che facevano assunzioni al laboratorio di San Donato Milanese, era il 2008, e sono partito. Poi ho girato un po’»

Dove?

«Kazakistan, Congo, Nigeria, Dubai, Regno Unito, Stati Uniti. Un po’ un destino di famiglia, per altri motivi ma anche mio padre e mio nonno hanno girato parecchio»

E poi la Basilicata.

«E poi la Basilicata, il meglio dell’esperienza in Italia. Lo scambio condiviso, continuo e pianificato, di informazioni e di dati permette un lavoro di monitoraggio, caratterizzazione e analisi. Permette, soprattutto, di affrontare e risolvere criticità. Noi proponiamo soluzioni che rappresentano un valore. Ci tengo a sottolinearlo. Da questo laboratorio non escono numeri, escono valori»

Cioè, cosa significa?

«L’analisi di un campione di roccia, di olio, di gas è una guida per l’esplorazione e la coltivazione di un giacimento. Questa è la parola esatta, coltivazione, non sfruttamento. La caratteristica dell’olio influenza i processi. Le componenti del grezzo sono moltissime, la fase di vita di un giacimento è un altro elemento che gioca un ruolo importante. Ad esempio in questa fase in Val d’Agri gli asfalteni…»

Semplifichiamo…

«Non è difficile da capire. Nella chimica c’è la risposta a tutto. Se la scienza incontra l’industria si approda a soluzioni che rendono il futuro meno problematico».

Come nella pandemia. Sei un narratore appassionato. 

«Ho fatto teatro da ragazzo. Vengo da Siracusa».

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