abandoned-village-craco-basilicata-italy.jpg

L’importanza dell’innovazione (e della memoria)

Arriva il nuovo regolamento per l’Alsia. Si punta a spingere sulla liberalizzazione del capitale fondiario emerso dalla Riforma Fondiaria, anche tramite la semplificazione delle procedure di dismissione e di gestione dei beni agricoli.

di Luca Grieco
24 maggio 2022
5 min di lettura
di Luca Grieco
24 maggio 2022
5 min di lettura

La Basilicata è una terra che custodisce ricchezze territoriali visibili sia per chi ci abita che per chi la visita, magari percorrendo in auto lunghi serpenti d’asfalto tagliando il materano fino a Venosa, o immergendosi nei vasti territori della Val d’Agri. Il tutto senza essere distratti da imponenti agglomerati industriali e senza la possibilità di scorgere molti slanci infrastrutturali. Un dato caratteristico, questo, che da sempre rappresenta un motivo di scontro tra chi cerca di spingere per un progresso modernista e chi guarda al panorama di cui sopra come ad un punto di estrema potenza. È la stessa diatriba tra queste correnti di pensiero che ha portato negli anni ’90 ad istituire l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura (Alsia), con l’obiettivo, tra gli altri, di realizzare la dismissione dei beni agricoli ed extra-agricoli figli della Riforma fondiaria. L’Agenzia ha, nella sua ragion d’essere, la divulgazione di azioni informative e formative, con l’obiettivo di fornire, alle imprese agricole ed agroalimentari, consulenze per il loro ammodernamento.

La strada fin qui

Un punto di collegamento, quindi, con pratiche virtuose che possano far compiere balzi in avanti a quelle realtà penalizzate dalla scarsità delle prospettive di ammodernamento. Si pensi a Rotondella, la terra dell’albicocca, che con Alsia ha lavorato duramente per vedersi riconosciuto il marchio del frutto, o si pensi a quelle abitazioni che trasudano vissuti secolari e che spuntano su queste vaste colline, che sembrano essere state rubate dagli sfondi desktop dei nostri PC. Quelle casette dismesse, che paiono essere superstiti di recenti uragani o di chi sa quali eventi calamitosi, fanno parte di un patrimonio decennale o secolare, che l’Agenzia dovrebbe dismettere, appunto. La Riforma Fondiaria del 1950 è stata un punto di svolta per il Mezzogiorno perché ha posto le basi per l’esproprio e per il conseguente affidamento ai braccianti dei terreni agricoli. Il principio era far sì che i braccianti non fossero più solo degli operai, ma che potessero ambire ad essere imprenditori agricoli. Quello che si decise di fare fu realizzare gli espropri alle aziende che avevano proprietà superiori ai 300 ettari, indennizzando il tutto per lo più con titoli di Stato.

L’Alsia in Basilicata ha lavorato in questi anni per censire tutti quei beni che si sono persi nel corso degli anni. “L’archivio storico della Riforma fondiaria è costituito da documenti di interesse prevalentemente storico-culturale, ma in buona parte anche di tipo pratico-giuridico e quindi oggetto di consultazione da parte degli uffici dell’Alsia. L’archivio raccoglie un patrimonio documentale unico, che parte dagli anni ‘50 e riguarda l’attività dei vari Enti che si sono succeduti nello svolgimento delle attività connesse con la Riforma Fondiaria”, si legge sul sito dell’Agenzia. E questo perché la Memoria, quella con la “M” maiuscola, che scorre nell’anima di chi la conserva e si manifesta anche (e, forse, soprattutto) nella storicità degli edifici, non si vede. È basandosi su di essa, al contrario, che si può e si deve innovare.

Nella Ri-Vista, ricerche per la progettazione del paesaggio, curata dalla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, nel numero luglio-dicembre 2012, sono elencati alcuni dei contesti che hanno subìto maggiori cambiamenti a seguito della Riforma: dall’Agro di Irsinia, alla piana agricola metapontina, passando dal borgo agricolo della Martella fino a San Cataldo di Bella. Recentemente, inoltre, i fari sono puntati su un nuovo modello di valorizzazione rurale.

Tra passato e futuro

Ed è proprio in questo modello che si inserisce il nuovo regolamento dell’Alsia, approvato dalla giunta regionale il 25 marzo 2022. Questo, secondo Aniello Crescenzi, direttore Alsia, mira – tra le altre cose – a dare “nuovo impulso alla liberalizzazione e alla circolarità del capitale fondiario riveniente dalla Riforma Fondiaria”, anche tramite l’accelerazione e la semplificazione delle procedure di dismissione e di gestione dei beni agricoli ed extra agricoli. Ma questo discorso fa parte di una manovra di ampio respiro, cominciata circa due anni fa. In effetti, sul finire del 2020, lo stesso Crescenzi aveva sottolineato la necessità di snellire le procedure. Certo, la Basilicata, così come l’Italia, pagavano (e ancora pagano) le conseguenze della pandemia globale. E tuttavia, “nella moderna agricoltura, le innovazioni hanno meccanismi di sviluppo molto veloci e questo vuol dire muoversi con la massima rapidità”. Questa intuizione spiega molto bene lo spirito con cui vuole agire l’Alsia, che è di fatto “una vera e propria cassaforte grazie a un valore inestimabile che conserviamo: manoscritti e documenti originali sulla nascita della Riforma, dei borghi e successivamente la strutturazione territoriale. Si tratta di un patrimonio che richiede risorse adeguate per poter innanzitutto conservarlo in sicurezza per poi valorizzarlo nel modo più adeguato”. E, del resto, la memoria va continuamente alimentata. Recuperando e investendo sul passato che pone le fondamenta del futuro.