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Tito, storia e futuro di una comunità

Il paese lucano sta provando a superare una narrazione che lo vede come costola di un'area industriale, quella di Tito Scalo. In prospettiva, il progetto di un polo di innovazione ambientale e tecnologico regionale, chiamato Green Digital Hub

di Sergio Ragone
28 gennaio 2022
7 min di lettura
di Sergio Ragone
28 gennaio 2022
7 min di lettura

Il futuro è un seme piantato che diventerà albero. Piantare un seme è un mestiere che richiede pazienza, visione, coraggio, lungimiranza e fiducia. E a fiducia, negli altri e in sé stessi, di questi tempi, è ciò che più manca. Ma se si ha a cuore il futuro e il destino di una comunità, allora la fiducia diventa un dovere, un atto politico, uno sforzo a cui tendere come un ideale che non crolla. Una comunità che vuole costruire il proprio destino non può non avere fiducia nel futuro, anche se il presente sembra compromesso dalla violenza invisibile del Covid e ogni ottimista, anche il più razionale, pare aver smarrito l'entusiasmo della visione che rende possibile anche ciò che sembra non esserlo. Questa nuova stagione pandemica, dai numeri impressionanti ma che, grazie ai vaccini, pare essere meno agguerrita, rimette in discussione ogni cosa e ripropone paure e incertezze che ci saremmo voluti lasciare alle spalle già molto tempo fa. Eppure non è questo il momento dello scoramento, è piuttosto il tempo per pensare, seminare, irrigare il campo e lavorare.
Non vi è metafora migliore di quella della seminatura per raccontare quello che la comunità di Tito sta facendo in questi anni per poter cambiare il proprio destino. Il paese lucano, che vive forse troppo all’ombra del capoluogo di regione, da qualche tempo sta delineando il proprio profilo provando a superare una narrazione che lo vede come costola di un'area industriale, quella di Tito Scalo, museo a cielo aperto di un’era industriale poco lungimirante e vittima delle sue conseguenze sociali e ambientali. Quest’area industriale ha bisogno di riscatto, di vedere una nuova luce e il progetto di realizzazione, in quel sito, di un polo di innovazione ambientale e tecnologico regionale sembra andare proprio in questa direzione.
Lo hanno chiamato Green Digital Hub. Di cosa stiamo parlando? Sul sito dell’amministrazione comunale viene presentato così: “La proposta progettuale ha come obiettivo strategico il rilancio e la valorizzazione economica e sociale di un sito nell’area industriale di Tito, caratterizzata da fenomeni di degrado ambientale e con una limitata presenza di servizi e strutture al servizio delle numerose attività di Ricerca e Sviluppo, trasferimento tecnologico e formazione, attraverso la realizzazione di un hub incentrato sulle tecnologie ambientali e digitali. Il progetto, che ha come soggetto proponente il Cnr – Area di Ricerca di Potenza (Consiglio Nazionale delle Ricerche), vedrà coinvolti diversi partner regionali tra cui l’Università degli Studi della Basilicata, la Regione Basilicata, il Comune di Tito, il Comune di Potenza, le aziende Smart P@per Spa e Hitachi Rail Sts Spa, i 5 cluster tecnologici della S3, Digital Innovation Hub Basilicata ed il Consorzio Tern, a cui vanno aggiunti come fruitori diversi Comuni limitrofi all’area industriale di Tito, associazioni datoriali e di categoria, Pmi e reti di impresa e altri stakeholder in un’ottica di partecipazione ampia e collaborativa, per un investimento complessivo di circa 50 milioni di euro. L’intervento prevede la riqualificazione delle infrastrutture materiali in stato di degrado che ospitano la sede del Cnr e le aree limitrofe occupate dallo stabilimento della ex-Liquichimica di Tito, sulle quali sono in corso le procedure di bonifica ambientale. Un importante intervento che consentirà di rafforzare la presenza dell’ecosistema della ricerca e dell’innovazione della Regione Basilicata, sia in ambito nazionale che europeo”.
Il progetto, viene spiegato più dettagliatamente sul sito dell’ente, è stato presentato  in risposta all’avviso pubblicato dall’Agenzia di sviluppo e coesione territoriale per la candidatura di idee progettuali da ammettere a una procedura negoziale finalizzata al finanziamento di interventi di riqualificazione e rifunzionalizzazione di siti per la creazione di ecosistemi dell’innovazione nel Mezzogiorno. L'innovazione, il fare innovativo, può quindi trasformare i luoghi dell’abbandono in aree di nuove opportunità, basta saper cogliere le occasioni che si presentano - il PNRR ha esattamente questo obiettivo - e far convergere le migliori energie del territorio per determinare il cambiamento.

Ma l’identità green di Tito non è certo un mistero. Lo scopri subito attraversando le curve d’asfalto che bisogna disegnare per arrivare nel cuore antico del paese: esplode agli occhi una vista antica e soave, di verde e montagne, di alberi con radici profonde e campi che si perdono all’orizzonte. Una verde frontiera, per citare Paolo Conte, che esalta l’animo e rinfranca lo sguardo. Lo stupore è ad un passo, è in ogni respiro che si leva da questo pezzo di terra verde e gentile, che meriterebbe un racconto migliore e una cura della memoria più attenta. Il paesaggio che fa da sfondo a questa storia umana, in cui donne e uomini hanno piantato radici e innalzato il futuro della propria vita e delle loro imprese, può oggi diventare una destinazione turistica di grande fascino, capace di attrarre l’attenzione del viaggiatore in cerca di spazi di libertà e di movimento, in cui è possibile toccare con mano sicura il calore della terra, il giallo del grano e il suono trasparente dell’acqua che collega quest’area al mar Tirreno e alle sue spiagge che calano a picco nel blu. La Torre di Satrianum, che svetta altissima e incrocia proprio la costa tirrenica e il Golfo di Taranto, oltre a testimoniare il passaggio dell’uomo e della storia, posa il suo sguardo placido sulla terra e la sua comunità.  Le montagne la proteggono, la conservano dalla violenza del vento e dal fracasso del tempo. Ma queste montagne, viste da qui, non sono un limite, non sono un recinto. A guardarle viene da citare Carlo Alianello, grande scrittore di madre titese, che nella sua opera “L’eredità della priora” dice: “I monti non è vero che chiudono l'orizzonte, anzi lo spalancano a ogni svolta, a ogni cima, e tutti i giorni tu ricominci il tuo viaggio dalla montagna nuova che ti sta di fronte che ti porterà altri pendii, altre frane, altri boschi e poi montagne ancora… E in fondo ci ho trovato Dio nel tabernacolo, così vicino e tanto lontano…”.
Di Alianello, Tito conserva un’eredità fisica, il fondo che raccoglie le testimonianze letterarie e di vita dello scrittore e sceneggiatore cattolico, e morale che ancora ispira e illumina. L’attualità della sua opera intellettuale è senza dubbio un punto di riferimento per chi vuole interrogarsi su radici e destino de Mezzogiorno d’Italia. Degna di nota anche la Fondazione Laurini, nata su iniziativa di Francesco e Giancarlo Laurini, d’intesa con l’amministrazione Comunale di Tito, che ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio materiale e immateriale della famiglia Laurini e di promuovere l’Istituto del Simbolo creato dal compianto professore Lorenzo Ostuni.
Ma non solo: anche l’attivismo della rete delle associazioni del terzo settore sta contribuendo a costruire una comunità coesa e consapevole. Storia, cultura, verde, acqua, innovazione tecnologica immateriale e infrastrutturale, accoglienza e integrazione sono la base sulle quali si erge l’architettura di questo luogo ideale della Basilicata interiore, che ha molto da raccontare e ancora tanto da scoprire.