Transizione: il sostegno alle iniziative imprenditoriali di settore in sinergia con i centri di ricerca. Parla il presidente del Cluster Energia Basilicata, Luigi Marsico
Da circa un anno Luigi Marsico è il presidente del Cluster energia basilicata. Ingegnere, 44 anni, potentino (originario di vaglio), con una lunga esperienza nell’Ict (Fastweb, Huawei), guida l’associazione che aggrega imprese, Unibas, Cnrr, organizzazioni pubbliche e private per la ricerca in campo energetico e il supporto alla rete industriale lucana di cui è espressione.
Parlare di transizione energetica in Basilicata ha un significato e un valore particolare. Siamo nel cuore della produzione italiana di energie fossili, c’è un ampio cantiere aperto sulla sostenibilità ma soprattutto l’industria lucana ha una presenza adeguata in tutte le filiere della produzione energetica. Cosa ne pensa?
Tanto si è parlato e tanto si parla nel merito delle scelte e delle strategie politiche intraprese negli ultimi anni, ma occorre certamente prendere atto che probabilmente qualcosa poteva andare diversamente. Partendo da ciò, ora bisogna guardare in avanti, apprendendo dalle lezioni del passato e tenendo conto che il driver della transizione energetica impone discontinuità significative, sia in termini di strategie sia dei percorsi implementativi, nel solco di uno scenario improntato alla sostenibilità che però, accanto alla dimensione ambientale, deve contemplare anche quella economica e sociale. Con altrettanta onestà va rilevato che nel confronto tra le diverse visioni la messa in campo di posizioni strumentali e ideologiche ha di sovente prevalso rispetto all’utilizzo di argomentazioni di merito. Ora, dicevamo, è il tempo di cambiare passo. La transizione energetica, più che altrove in Italia, deve vedere la Basilicata protagonista. Abbiamo l’esigenza di rafforzare le ricadute rivenienti nell’utilizzo di tali asset, non solo per il raggiungimento deli obiettivi di decarbonizzazione che l’Europa ci richiede, ma anche per lo sviluppo dei territori e della base produttiva e occupazionale regionale. Il quadro di indicazioni programmatiche rivenienti dal quadro europeo e dei framework programmatici, tra i quali, il Pnrr e il ciclo comunitario 2021-2027 ci indicano la rotta.
Un anno alla guida di Cluster energia Basilicata: quali sono i bisogni delle imprese che ha avuto modo di monitorare, come valuta l’apporto dei centri di ricerca? C’è una casistica che può fare scuola?
Il Cluster energia basilicata risponde a un’esigenza che questo territorio ha da tempo e che rappresenta uno dei perni di quel cambio di passo che auspicavamo prima: coniugare la domanda di innovazione del settore imprenditoriale e industriale con il mondo della ricerca, per favorire la crescita e il consolidamento del comparto imprenditoriale, perseguendo contestualmente i target di decarbonizzazione previsti a livello nazionale ed europeo. Il Cluster oggi mette insieme circa 60 soggetti, tra piccole medie e grandi imprese, oltre a importanti enti di ricerca, e ha individuato di fatto due principali direttrici da perseguire: efficienza e sostenibilità ambientale nella produzione, nella distribuzione e nell’impiego di energia, efficienza e sostenibilità ambientale con specifiche declinazioni rispetto ai diversi ambiti di azione. Nonostante il difficile periodo pandemico, abbiamo svolto una significativa attività progettuale in collaborazione con i principali enti di ricerca del territorio, come Cnr, enea e Unibas, su diverse piste tematiche, tra cui, per citarne alcuni: cooperazione transazionale infrastruttura di ricerca Piattaforma bioenergia bioraffineria e chimica verde, l’uso sostenibile del suolo, efficientamento energetico degli edifici pubblici. Stiamo lavorando inoltre a un importante progetto denominato “Heritage”, in collaborazione con gli altri cluster tecnologici regionali, per far nascere nel mezzogiorno d’Italia e in particolare a Matera un Polo europeo per l’innovazione digitale applicata ai settori della cultura e della creatività “Heritage”. Dopo aver superato la preselezione nazionale a cura del ministero dello Sviluppo economico, concorrerà alla gara ristretta gestita dalla Commissione europea. Abbiamo raggiunto un risultato particolarmente significativo sull’Avviso pubblico regionale Cluster – FASE b: cinque dei progetti candidati da realtà che compongono il nostro cluster sono stati valutati ammissibili e tre finanziati. Ovviamente ora, con la grande sfida del Pnrr e del Next Generation EU (e non solo), si apre un capitolo completamente inedito, che di fatto vede lo scenario completamente stravolgersi, anche e soprattutto in termini di skills, professionalità e competenze. Questo deve essere accompagnato dal fattivo engagement di tutti gli attori coinvolti.
Dal punto di vista delle scelte strategiche e della programmazione, dove va la Basilicata?
Certamente la Basilicata non può che seguire e ricalcare le indicazioni del governo centrale e dell’Europa, cercando di cogliere appieno le opportunità del Pnrr che ci orienta verso orizzonti ben precisi: implementare e declinare la difficile sfida dell’economia circolare, ridurre le emissioni di gas, incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili, investire e sviluppare la filiera dell’idrogeno, sostenere la transizione verso una mobilità sostenibile a basse emissioni. Perseguire queste sfide vuol dire anche, in modo indiretto, stimolare la crescita di una filiera industriale di diretta derivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili, potenziare le reti di trasmissione e distribuzione ed accumulo al fine di essere compliant all’aumento di produzione da Fer, adeguare e promuovere la distribuzione e gli usi finali dell’idrogeno. Alcune applicazioni pratiche possono essere: la sperimentazione di soluzioni di teleriscaldamento per recuperare energeticamente una vasta area residenziale del capoluogo stesso o ancora sul terreno della mobilità sostenibile. Senza dimenticare una delle più importanti sfide per il futuro rappresentata dalle nuove frontiere dell’idrogeno che può vedere la Basilicata svolgere un ruolo di grande protagonista.
È consapevolezza diffusa, ormai, che c’è un problema nel problema, quello della sostenibilità delle stesse fonti non rinnovabili. Cosa vede all’orizzonte?
La risposta è complessa e non può che partire da alcune considerazioni: fino ad ora, impegni e proclami di decarbonizzazione, in riferimento agli stessi accordi di cinque anni fa di Parigi, sono stati scarsamente rispettati. Le azioni di fatto realmente messe in campo sono state minime rispetto ai targets prefissati. In un contesto di questo tipo certamente il nucleare appare come una componente che potrebbe contribuire in modo importante al contenimento di Co2 e i numeri lo dimostrano in maniera chiara. Diversi paesi al mondo hanno fatto una scelta chiara, con risultati non trascurabili e che vanno tenuti in seria considerazione a livello globale se vogliamo provare a traguardare le sfide future. Va detto anche, però, che l’Unione europea, in termini di emissioni di Co2, incide per meno del 10% delle emissioni globali. Di conseguenza, anche le azioni mirate al contenimento di parte di questa modesta frazione risulta davvero minima ed insignificante. Al contempo, la tecnologia è in continua evoluzione e sono in corso nel mondo numerose iniziative finalizzate ad ingegnerizzare impianti nucleari di nuova generazione, per aumentare la sicurezza degli stessi, e abbattere i costi e i tempi realizzazione. Qualsiasi scelta deve tener conto della valutazione congiunta di tutti questi elementi. In proposito, condivido appieno le recenti parole del ministro Cingolani: la soluzione ancora non c’è, ma le risposte potranno arrivare solo privilegiando l’approccio scientifico, dalla ricerca e dallo studio.