Blurred people in Dotonbori road  in the Namba District, Osaka - Japan.

Largo ai giovani

La presidente del comitato lucano Giovani per l’Unesco, Pegah Moshir Pour: “Bisogna investire seriamente nelle attività culturali e sociali delle realtà lucane, facilitare l’accesso ai bandi e dare più borse di studio per poter sostenere lo studio”.

di Michele Vitiello
08 ottobre 2021
9 min di lettura
di Michele Vitiello
08 ottobre 2021
9 min di lettura

Donna, trent’anni, lucana ma con origini iraniane, laurea in ingegneria, consulente tecnologica in Ernst & Young e da sempre attivista su tematiche digitali e di genere. È l’identikit della neo presidente del comitato lucano Giovani per l’Unesco, Pegah Moshir Pour, nominata a giugno di quest’anno. “Ci vuole più fiducia da parte delle istituzioni nei giovani”, spiega, perché “bisogna progettare e scrivere insieme il futuro della Basilicata”.

Che cos’è il Comitato Giovani dell’Unesco e di cosa si occupa?

L’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO (AIGU) è stata costituita nel 2015 ed è nata come Comitato Giovani della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO (CNI), con l’obiettivo di supportare le attività della CNI nel campo dell’educazione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Ne promuove i progetti, i valori e le priorità, attraverso la partecipazione attiva delle giovani generazioni e della società civile, in iniziative ed eventi di rilevanza nazionale. AIGU è composta da circa 300 giovani tra i 20 e i 35 anni, da tutte le regioni d’Italia. La struttura si compone di soci fondatori, un board nazionale, un consiglio direttivo, i rappresentanti regionali, alcuni advisor, un consiglio di vigilanza e diversi soci. La nostra Carta dei Valori indica l’orizzonte verso il quale direzionare il nostro impegno. Per esempio, con il progetto Unesco Edu sensibilizziamo le generazioni attraverso i progetti Unite4earth e Ocean night. Ogni anno poi abbiamo l’appuntamento con l’Italian Youth forum, il grande evento dell’associazione che coinvolge ospiti a livello internazionale dal mondo della ricerca, della cultura e dell’impegno civile, per confronti e condivisioni con oltre 300 giovani soci.

Come è organizzato in Basilicata?

La Basilicata da sempre è una delle regioni con uno storico di cui essere fieri. Siamo stati la prima tappa dell’Italian Youth forum nel 2018, abbiamo pubblicato “FRIDOM Identità Odonomastica della città di Matera”, frutto del lavoro dei ragazzi del liceo classico E. Duni e del liceo artistico C. Levi di Matera. Il nostro ex rappresentante regionale Luigi Zotta è attualmente nel Board Nazionale in qualità di Vicepresidente. Abbiamo organizzato convegni, incontri e talk di vario tipo, sempre con il focus dell’educazione e del futuro. Oggi siamo alla ricerca di 10 nuovi soci; quindi, quale occasione migliore di questa per mettersi in gioco, partecipare alla call to action, ed entrare nella famiglia AIGU per essere protagonisti del cambiamento?

L’attivismo giovanile soffre di uno squilibrio di genere?

La generazione Z è la generazione più sensibile e con meno pregiudizi rispetto alle precedenti. La loro inclusione e il loro modo di vedere il mondo come qualcosa di unico e privo di confini stimola una maggiore consapevolezza del tema dell’attivismo, soprattutto sul tema ambientale. Personalmente, non vedo una disparità di genere nel mondo dell’attivismo giovanile, che si sviluppa oggi soprattutto grazie a social come Instagram. Per la Basilicata, che è una terra complessa, la poca cura delle infrastrutture non permette una coesione solida tra i 131 comuni. Questo porta ad una disgregazione di forze, energie ed informazioni, che solo attraverso la rete possono essere più accessibili.

I giovani attivisti sono presenti in Basilicata e sono attivi ma, purtroppo, non c’è uno sforzo adeguato nel recepire, ricercare e divulgare i loro sforzi e lavori. Non penso sia un problema di genere ma un problema di comunicazione e di condivisione tra i piccoli e grandi centri, tra generazioni anche.

Ritiene che l’offerta culturale integrata della regione sia adeguata alla competizione globale?

Sicuramente ci sono dei problemi infrastrutturali e di accessibilità, per esempio, circa la copertura di rete in alcune zone della Basilicata. La nostra unica università, Università degli Studi della Basilicata, è il faro principale che abbiamo per il nostro futuro; io personalmente sono laureata alla magistrale di Ingegneria Edile architettura, e sono profondamente felice di tutto il percorso universitario, perché sono stata anche molto attiva dal punto di vista politico. Sicuramente ci vogliono molti più investimenti da parte dei privati e da parte della Regione, poiché l’università è l’unico centro di saperi che permette di avere ancora speranza nel contrastare lo spopolamento. Un altro problema sono i retaggi culturali, che limitano tantissimo, soprattutto le ragazze, per i quali si resta indietro nelle professioni del futuro. Bisogna smetterla di dire alle giovani ragazze che non sono “portate” per la matematica o per l’informatica. Abbiamo bisogno più che mai di laureate ai corsi STEM, perché rischiamo un futuro non solo non competitivo ma soprattutto riservato ad una nicchia di persone.  Dobbiamo incoraggiare a studiare, a viaggiare a misurarsi continuamente, ad uscire dalla “comfort zone”.

Cosa si può fare di più?

Le istituzioni possono ascoltare di più e aprire tavoli di lavoro con le associazioni e le persone che vogliono mettere a disposizione della collettività il loro tempo e le loro competenze.

Ci vuole più fiducia da parte delle istituzioni nei giovani, bisogna progettare e scrivere insieme il futuro della Basilicata. Quindi bisogna davvero investire seriamente in maniera strutturale nelle attività culturali e sociali delle realtà lucane, facilitare l’accesso ai bandi e fondi di prestiti, investimenti, dare più borse di studio per poter sostenere lo studio dei giovani. Insomma, bisogna sostenere nella pratica, altrimenti si va a cercare altrove ed ogni anno soffriamo l’abbandono di tante menti brillanti. Si rischia di perdere la fiducia nel territorio, verso i suoi rappresentanti, sgretolando un fondamentale senso di appartenenza.

Ritiene quindi che la cultura possa essere la risposta alla crisi occupazionale e di desertificazione del Mezzogiorno?

Assolutamente sì. La cultura è l’unico mezzo con il quale si può davvero creare occupazione in maniera trasversale. Abbiamo la fortuna di avere paesaggio, natura e storia quindi tutte le risorse per poter avviare attività di turismo lento e sostenibile. La cultura è il veicolo di coesione, quindi, è fondamentale rafforzare il settore culturale e creativo così da produrre economie ad esso collegate, soprattutto per il Mezzogiorno. Per questo è importante rendere omogenea la qualità dei servizi per i cittadini dei grandi e piccoli centri; è stato un esempio Matera che, con grande strategia e progettazione, è arrivata ad essere la Capitale Europea della Cultura, attirando a sé attenzioni da tutto il mondo. Ovviamente bisogna nei limiti controllare e monitorare gli ingressi, per proteggere il patrimonio e non cadere nella trappola del turismo mordi e fuggi solo per avere “numeri”. Quindi servono una visione comune e un senso di appartenenza regionale forte per poter avviare tali discorsi come, ad esempio, il turismo lento e culturale, ma purtroppo abbiamo una politica molto debole e protagonismi che ostacolano la crescita che ricade sul futuro dei giovani.

 

Quali sono i progetti per il futuro, suoi e del Comitato?

I progetti per il futuro sono tanti; tra quelli miei, personali, sicuramente conciliare il mio amore verso la cultura e la curiosità verso la tecnologia.

Per quanto riguarda AIGU riprenderemo UENSCO Edu, cominceremo la UNESCO Academy con l’Università degli Studi della Basilicata, e poi sicuramente oltre all’attività nazionale si sta pensando a conferenze internazionali avviate dalla Basilicata con altre sedi Unesco.

Se ripensa al passato qual è il momento in cui ha deciso di intraprendere questa strada? O l’incontro, l’esperienza che ha dato una precisa direzione ai suoi interessi.

Sono fortunata perché sono nata in Iran e cresciuta in Italia, due paesi con patrimoni materiali e immateriali immensi; quindi, devo dire grazie al caso per essere nata e cresciuta nel posto giusto, avendo modo così di assorbire le due culture e facendole mie.

Ho sempre amato molto le istituzioni come l’Unesco perché sono organizzazioni che promuovono la pace, e la cultura, che è la lingua che unisce le diversità.

Quale consiglio darebbe oggi ad una giovane adolescente? 

Il consiglio è sicuramente quello di partecipare alla vita associativa. Trovate un’associazione, una comunità o un gruppo che si avvicini a quello che vi piace e mettetevi in gioco, interagite, costruite voi i percorsi e soprattutto allargate le conoscenze in termini interpersonali. Consiglio di approfittare del grande momento storico, perché ci sono opportunità che prima non c’erano o erano limitate, partecipate a programmi di scambi culturali come intercultura ai progetti europei. Nel vostro comune sicuramente ci sarà un centro Europe Direct.

Mettetevi, in gioco non abbiate paura e, soprattutto, se qualcuno vi impedisce di pensare in grande e di andare oltre a quelli che possono essere i confini familiari o infrastrutturali o economici sappiate che quello è il momento in cui non dovete mollare. Dovete andare avanti. Non rinunciare mai è quella cosa che vi fa sentire le farfalle nello stomaco: tutto è possibile.