Il settore vitivinicolo ha fatto salti da gigante nella nostra regione. Con una nuova generazione di manager ed esperti si potrà crescere ancora di più. Importante non avere pregiudizi rispetto ai segmenti meno pregiati di mercato.
L’industria del vino in Basilicata è un comparto di straordinaria importanza. Non soltanto per ragioni economico-occupazionali, ma anche per motivi reputazionali, perché il vino lucano valorizza massimamente la nostra antica tradizione agricola e, allo stesso tempo, la nostra crescente capacità di innovare affinché il settore sia sempre più competitivo a livello nazionale e internazionale. Dire Aglianico, infatti – e ci riferiamo al principale vitigno della Basilicata – significa non soltanto riferirsi a un “brand” di sicuro successo commerciale, ma a un’eccellenza produttiva e a un simbolo identitario per l’intera regione.
Attualmente (dati 2020) la superficie complessiva del territorio lucano coltivata a vigneti ammonta a 5.100 ettari. Le aziende vinicole, invece, sono 95. I marchi che registrano le maggiori produzioni sono: Aglianico del Vulture Doc (38.617 quintali su una superficie di 569 ettari), Basilicata IGT (32.293 quintali su una superficie di 351 ettari), Aglianico del Vulture Docg (5.416 quintali su una superficie di 87 ettari) e Matera Doc (4.529 ettari su una superficie di 64 ettari). I numeri, com’è evidente, sono impressionanti. Ma siamo certi che nei prossimi anni – coniugando in maniera ancora più integrata marketing, innovazione tecnologica, export e politiche programmatiche – il settore potrà registrare un ulteriore balzo in avanti. Un po’ com’è avvenuto nell’ultimo decennio.
Infatti per comprendere appieno il boom del settore e le sue potenzialità può risultare efficace comparare i dati del 2011 con quelli del 2020. Nell’arco di un decennio è avvenuta una vera e propria rivoluzione copernicana, tanto che ci si chiede se le reali potenzialità dell’agricoltura vitivinicole siano state valutate fino in fondo da chi ha il compito di stilare una programmazione a livello regionale (attualmente la vitivinicoltura rappresenta l’11 percento dell’intero comparto agricolo lucano; il 10 percento in pianura, il 90 percento in collina). Tanto per rimanere ai numeri: nel 2019 i quintali prodotti sono stati 156.577, mentre gli ettolitri di vino sono stati 109.603.
Ma proviamo a fare un confronto tra il 2011 e il 2020. Solo così si avrà pienamente contezza di quanto il settore si sia rafforzato nell’arco di un decennio. Dunque, partiamo dalle uve prodotte. Nel 2011 di uve Aglianico del Vulture Doc ne sono state prodotto 29.476 quintali – nel 2020, invece, erano 38.617. Le uve prodotte da Basilicata IGT, invece, sono passate dai 27.107 quintali del 2011 ai 32.293 del 2020. Per non parlare delle superfici coltivate. Un solo esempio: nel 2011 l’Aglianico Docg era coltivato su 19,37 ettari, mentre nel 2020 su 87,59. Si potrebbe continuare a lungo, e sarebbero tutti dati con il segno “+”. La vera sfida del futuro è capire come coniugare l’alta qualità del vino prodotto in Lucania con la grande domanda dell’attuale mercato internazionale del vino, che da un lato assorbe senza problemi le etichette più eccellenti, ma dall’altro ha sempre maggiore bisogno di vino a basso costo per soddisfare clientele meno abbienti.
Per adesso il vino lucano sta nella fascia alta della globalizzazione, poiché mediamente esporta vini di alta qualità – e, probabilmente, sarà questa la linea strategica che continuerà a perseguire il settore. Tuttavia ci si chiede se non possa anche sorgere una filiera industriale dai grandi numeri – magari consorziata efficacemente a livello interregionale – per occupare anche i segmenti più “bassi” dell’export e del mercato internazionale. Il mercato cinese di massa, per esempio, è costantemente alla ricerca di vini da importare – vini senza grandi pretese, e senza grosse elaborazioni qualitative e di “brand”. La Basilicata potrebbe mai stare in questa partita, oppure il suo futuro è quello di stare in una nicchia di pregio, che pure, soprattutto per la provincia di Potenza, rappresenta una voce produttiva assai importante?
Una cosa è certa. Il settore vitivinicolo ha fatto salti da gigante, nella nostra regione. E siamo certi che con l’affermarsi di una nuova generazione di manager e di esperti – sempre più consapevoli delle leggi del marketing, dell’innovazione e del commercio estero – sapranno far fare un ulteriore salto in avanti al comparto. L’importante è non avere pregiudizi rispetto ai grandi numeri e rispetto ai segmenti meno pregiati del mercato. Forse il limite del settore è proprio in un eccessivo autoinnamoramento della propria eccellenza. Che c’è ed è incontestabile.