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Da “Quel Paese” all’Anci

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di Luigi Santoro
30 luglio 2021
7 min di lettura
di Luigi Santoro
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Funzionamento e problematiche del sistema sanitario nazionale, anche e soprattutto alla luce dell’emergenza Covid-19, e prospettive future. Questi i temi affrontati nell’ultimo Digital talk intitolato “La sanità che cambia nel dopo pandemia”, tenutosi il 26 maggio scorso in modalità online. Organizzato da Orizzonti – Idee dalla Basilicata, ha avuto come ospiti Pierpaolo Sileri, sottosegretario al ministero della Salute; Giuseppe Petrella, presidente del Consiglio di Indirizzo e Verifica del Crob di Rionero; Ernesto Esposito, direttore generale del dipartimento Politiche della persona della Regione Basilicata e Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine presso la Temple University di Philadelphia. L’incontro è stato moderato dalla giornalista Lucia Serino.
Nel suo intervento, Sileri ha sottolineato come l’emergenza pandemica abbia portato tutti i nodi al pettine, nodi di cui si era per altro ampiamente a conoscenza. È dal 2009-2010 che le problematiche relative al servizio sanitario nazionale si accumulano, causate, in parte, dai continui tagli richiesti alle Regioni. Certo, eventi come una pandemia sono difficilmente prevedibili, ma sono stati ignorati altri tipi di dati come, ad esempio, l’invecchiamento della popolazione e il suo crescente fabbisogno in termini di assistenza sanitaria. Il ministro Speranza ha individuato, nel PNRR, la necessità di un restyling, per così dire, del servizio sanitario interno, che deve essere rimodulato soprattutto in virtù del dramma che abbiamo vissuto; in tal senso, una accelerazione nel potenziare la “sanità di prossimità” rappresenta uno snodo fondamentale. L’efficienza dell’assistenza domiciliare deve essere incrementata in quanto è in casa che avviene il primo momento di cura per quelle patologie croniche che solo una adeguata e costante assistenza in loco può garantire. Così facendo si eviterebbe anche di saturare il pronto soccorso.
Un altro discorso molto importante riguarda la telemedicina e la digitalizzazione del servizio sanitario nazionale; un tema, questo, di cui si parla da decenni ma che non ha ancora visto i progetti tradursi in azioni concrete. La telemedicina consentirebbe alla medicina territoriale di dialogare in tempo reale con l’ospedale centrale, favorendo così una maggiore vicinanza al paziente; permetterebbe, inoltre, di avere accesso a quelle risposte diagnostiche che non necessitano la visita in ospedale. Giuseppe Petrella, nel suo intervento, ha fatto un’importante premessa: in Italia, la spesa sanitaria rappresenta l’8-9 percento del PIL. Altre nazioni vantano percentuali più alte – in Francia si arriva all’11,5%, ad esempio – e la diminuzione della spesa sanitaria ha naturalmente condotto ad un depauperamento e a un ridimensionamento delle strutture.
Anche Petrella ha insistito sul tema della digitalizzazione, i cui benefici andrebbero tutti a favore della cura dei pazienti. È importante, in tal senso, che lo Stato dia indicazioni precise alle Regioni onde evitare ritardi e disparità. Un esempio di condizione che potrebbe essere curata a casa tramite digital device è l’ipertensione. Rafforzamento della sanità, ricerca scientifica, partnership tra pubblico e privato: questi elementi devono costituire la chiave di volta su cui costruire la nuova sanità.
Anche perché, come affermato da Sileri, l’alba è già cominciata e l’ora più buia è alle nostre spalle: i ricoveri sono in calo, il virus circola di meno e, con l’estate, sarà anche più controllabile. Dovremo ancora indossare le mascherine, certo, ma con almeno il 50 percento della popolazione vaccinata potremo anche abbassarle lì dove non sono presenti assembramenti o quando non siamo in luoghi chiusi. Il vaccino è la nostra arma migliore: chi si vaccina non si ammala – tenendo conto delle sempre presenti eccezioni – ed è anche in grado di tenere sotto controllo le varianti del virus, da cui dovremo continuare a guardarci.
Su input di Lucia Serino, Esposito ha risposto ad una serie di domande sulla situazione in Basilicata. Innanzitutto, rispetto ad altre regioni del Meridione, la rete ospedaliera lucana non ha mai superato i livelli di criticità; certo, nei posti letto nelle terapie sub intensive e nelle malattie infettive ci sono stati momenti critici ma, in generale, la Regione ha saputo intervenire in anticipo per evitare il peggio. Se un paziente arriva in ospedale, il motivo è da ricercarsi o nella mancata tempestiva intercettazione o nella mancanza di adeguate cure domiciliari nonostante l’intercettazione. La Basilicata ha recepito in pieno le indicazioni ministeriali. Per quanto riguarda le vaccinazioni, su 550 mila abitanti sono state somministrate 310 mila dosi di vaccino e, di queste, ben 104 mila sono quelle di richiamo: oltre il 50 percento della popolazione vaccinata, in sostanza, e un quarto di questa ha ricevuto anche la dose di richiamo. Il tasso di copertura per gli over 80 è circa il 90 percento, quasi 80 percento per quanto riguarda i pazienti ultra-fragili. Si auspica l’immunità di gregge in Basilicata qualche settimana prima della fine di agosto; sono state prese, del resto, ottime misure territoriali ed è in programma l’istituzione dell’infermiere di comunità, dedicato ad una popolazione di 20 mila abitanti. Sarà garantita una maggiore possibilità di assistenza infermieristica prossima al paziente; l’assistenza domiciliare in sé necessita di figure infermieristiche, assistenti sanitari, OSS. L’intervento medico può essere ridotto all’essenziale tramite telemedicina, teleconsulto, televisita.
L’ultimo intervento dell’incontro è stato del professor Antonio Giordano, che ha parlato più specificatamente della prevenzione per quanto riguarda le patologie oncologiche. Come si può aumentare la longevità, restando ovviamente in buona salute? Migliorando la prevenzione, lo stile di vita. Anche i fattori ambientali, infatti, concorrono nello sviluppo del male del secolo, ed è per questo che si può intervenire proprio in questa fase iniziale, nel tentativo di scongiurare l’insorgere di patologie gravi. Nel Sud del nostro Paese è necessario potenziare quelle strutture – tra le quali il Crob spicca per eccellenza – troppo a lungo trascurate. Per quanto riguarda la telemedicina, in America si è verificato un boom in tal senso; ad esempio, per quanto riguarda il diabete, i cittadini americani hanno subito cavalcato l’onda tecnologica appropriandosi di quei device utili a misurare il glucosio. Quanto all’Italia, bisogna puntare sul potenziamento della classe medica, rafforzando il rapporto empatico tra medico e paziente; e, per quel che concerne le strutture, i finanziamenti sono fondamentali perché consentirebbero proprio quel salto di qualità necessario. Il paziente va messo al centro di tutto, questo vale per l’Italia come per gli Stati Uniti.