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Il débat public, incontro tra istituzioni e cittadini

L’importanza e l’attualità di questo strumento al centro del Digital Talk di Orizzonti “Cittadinanza, partecipazione e territori”.

di Luca Grieco
27 aprile 2021
5 min di lettura
di Luca Grieco
27 aprile 2021
5 min di lettura

Prima di addentrarci nelle specificità del débat public premettiamo – rischiando forse di risultare banali – che un dibattito è null’altro che un confronto tra due o più interlocutori che esprimono opinioni diverse, spesso in contrasto, tra loro. La parola dibattito, tuttavia, evoca nell’immaginario collettivo qualcosa dal sapore ufficiale, qualcosa riservato a spazi e argomenti di un certo calibro; un dibattito, pensiamo, avviene di solito dinnanzi ad un grosso pubblico su temi di una certa rilevanza - che siano essi politici, sociali o religiosi.

Se analizziamo il tutto da un punto di vista differente, più particolare, notiamo come il dibattito possa diventare uno strumento, una risorsa, per meglio dire, che può e deve essere utilizzata per favorire un confronto molto più specifico – quello tra istituzioni e cittadini circa la realizzazione di opere o infrastrutture con un impatto particolarmente importante per il territorio. L’argomento è stato trattato durante il Digital Talk di Orizzonti del 31 marzo 2021 dal nome “Cittadinanza, partecipazione e territori” con l’avvocato Cinzia Pasquale ed il professore Luigi D’Andrea, docente di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Messina.

 

Tra istituzioni e cittadini

Il dibattito pubblico – che è il nome del processo descritto – è figlio della cultura legislativa francese: il contesto è quello delle criticità sorte riguardo alla realizzazione della LGV Méditerranée, linea ferroviaria francese ad alta velocità costruita nel ’96. Per far fronte a problematiche di opinione relative al progetto, nel ’95 fu la legge Barnier ad introdurre il débat public. Come notato dall’avvocato Pasquale, “la criticità del modello di azione pubblica si manifesta quando la pubblica amministrazione – guidata da soggetti eletti dal popolo – deve tenere conto di diversi interessi e tradurli in un atto amministrativo”. Per questo il modello francese risulta estremamente utile in tal senso. Indetto dalla Commissione Nazionale Dibattito Pubblico, il débat consente ai soggetti interessati di raccogliere informazioni, proporre modifiche all’ente promotore dell’opera pubblica e così via. Un processo strutturato in tre fasi: la Commissione Nazionale nomina una Commissione Particolare che affianca l’ente promotore del progetto nella preparazione del progetto stesso; poi si passa alla fase pubblica, composta da incontri, sopralluoghi ed attività online e, infine, viene presentata una relazione finale che tiene conto di tutti i punti emersi durante la fase di dibattito. Si tratta, dunque, di un procedimento curato in ogni sua fase nonché estremamente utile; non stupisce che sia stato ben recepito e integrato in maniera diffusa. Del resto, i temi attorno a cui ruota il discorso – cittadinanza, partecipazione e territori – sono quelli sottolineati dall’avvocato Pasquale e sono temi che si trovano al centro della democrazia com’è intesa al giorno d’oggi. Certo, ci sono dei rischi associati all’errata interpretazione di questo strumento: non è una sorta di potere di veto messo nelle mani dei cittadini e degli altri enti interessati. Il Dibattito Pubblico si accorda alla visione della democrazia contemporanea (come ha notato il professor D’Andrea) intesa come rete di relazioni tra decisori e popolazione – locale, regionale, nazionale; si tratta pertanto di un processo volto in primis ad informare e, poi, ad aiutare tutte le parti in causa a prendere la decisione che più si adatti alle diverse esigenze.      

Condizionare o indirizzare l’opinione – queste sono le derive da cui bisogna guardarsi. Il pubblico partecipa al processo decisionale ma non lo vieta – e, infatti, solo in un caso, nella cronistoria francese, si è verificato un abbandono del progetto in questione.

 

Presente e futuro

Il tema del Dibattito Pubblico è quantomai attuale se consideriamo che anch’esso ha risentito dell’emergenza Covid-19: in Italia, pur essendo obbligatoria per quanto riguarda le grandi opere, tale procedura è stata sospesa fino al 2023 al fine di rendere più rapida la realizzazione di opere con rilevanza sociale e impatto territoriale.

Nel Belpaese, la molteplicità di enti amministrativi a livello soprattutto locale – con grandi differenze legate alle diverse esigenze del territorio – richiede un sempre maggior confronto tra istituzioni e cittadini. In virtù di questa realtà, per rafforzare la relazione tra governanti e governati è necessario, forse, ripensare e ridefinire spazi e tempi del confronto che avviene tra queste due macrocategorie; non è infatti raro che, a causa di mancata comunicazione con enti locali e territorio in generale, un processo che dovrebbe durare non più di quattro mesi subisca rallentamenti anche di decenni. Ed è giusto che i cittadini possano esprimere anche il proprio dissenso in maniera strutturata ed ufficiale anche perché, come giustamente sottolineato dall’avvocato Pasquale, “la libertà di esprimere la propria posizione è garantita dai principi costituzionali e l’esercizio del dissenso deve certamente trovare il suo spazio all’interno di arene pubbliche predisposte”. Si tratta di mettere in campo uno sforzo importante, ed è proprio il Dibattito Pubblico a dover costituire la base di partenza per questo lavoro.