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Ciclovia della Magna Grecia, la mobilità è green (aspettando treni veloci)

Il progetto “auto free” che attraversa la Basilicata, la Calabria e la Sicilia. Ma, se non si viaggia per diletto, resta il decifit infrastrutturale per chi vive lontano dalle direttrici dell’alta velocità.

di Lucia Serino
23 marzo 2021
8 min di lettura
di Lucia Serino
23 marzo 2021
8 min di lettura

Ci vorrà un fisico bestiale se vogliamo puntare su una mobilità green infraregionale, intendendo quel “green” alla lettera, come percorso rigenerativo lontano dai nostri ambienti edificati, nell’attesa di recuperare ritardi storici sui grandi collegamenti infrastrutturali a Sud. Battute a parte, basta leggere il rapporto “Pendolaria 2021”, a cura di Legambiente, per avere un quadro aggiornato dei ritardi ma anche delle opportunità per una mobilità a emissioni zero.

È interessante leggere alla voce “Il treno che vorrei” come i desiderata dei cittadini interpellati siano spinti da quella nuova cultura post Covid che chiede allo stesso tempo efficienza e sostenibilità. Chi viaggia in treno vuole qualità del trasporto, una facile connessione con gli altri mezzi, orari cadenzati e facili da memorizzare, ma anche la possibilità di portare a bordo una bici e di usufruire di stazioni rinnovate.  Nel 2019, l’ultimo anno ante Covid, il numero quotidiano di viaggiatori in treno era di 50 mila sugli intercity e di 170 mila sull’alta velocità, con un salto, nel giro di dieci anni a partire dal 2008, da circa 7 a 40 milioni di passeggeri.

Ma la crescita complessiva dei passeggeri nel trasporto ferroviario regionale nasconde differenze rilevanti tra le diverse aree del Paese e tra i gestori del servizio: se in alcune regioni, infatti, il numero degli spostamenti in treno è quasi raddoppiato tra il 2011 e il 2019, addirittura triplicato in Trentino Alto Adige, in altre si è assistito a un calo anche importante, tra esse Campania (-44%), Molise (-11%), Abruzzo (-19%), Calabria (-25%) e Basilicata (-35%).

È evidente che bisogna distinguere la mobilità urbana da quella a lunga percorrenza. A livello cittadino è il mezzo di trasporto green per eccellenza, la bici, la grande riscoperta post pandemia, anche nelle aree (per esempio a Sud) dove la tradizione della mobilità su due ruote era ferma al dramma sociale raccontato nel film capolavoro di De Sica. A parte i biker della domenica, ovviamente.

Nell’indagine “How Covid-19 Will Shape Urban Mobility” (“Come il Covid-19 plasmerà la mobilità urbana”), ad esempio, realizzata dal Boston Consulting Group, che ha coinvolto 5.000 abitanti delle principali città in Stati Uniti, Cina ed Europa occidentale (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) si prevede che nei prossimi 12-18 mesi, complici forse anche gli incentivi all’acquisto, un quarto dei nostri connazionali userà più che in passato le due ruote per spostarsi in città (al primo posto insieme a paesi come la Germania).

Ma se a livello urbano emerge la grande questione della liberazione delle città dall’assedio delle auto (basti pensare al nevrotico ingorgo tra manovre e parcheggi che si forma davanti alle scuole), mentre si cominciano a vedere isolate colonnine di ricarica elettrica (qualcuna anche lungo il fiume Basento a Potenza, nella zona più amata dai runner), oggi il grande sogno di cittadini e turisti è quello di muoversi senza gas di scarico il più possibile, anche tra una regione e l’altra, ovviamente avendo a disposizione quanto più tempo libero possibile. E quale tempo se non quello, che si spera tornerà, di una vacanza?

Già da qualche anno l’European Cyclists’ Federation (ECF), un apposito gruppo di lavoro di cui fanno parte diversi membri europei, ha elaborato una proposta di rete di ciclo-itinerari definita “European cycle route network”, che riesce a coprire tutta l’Europa. È del 14 febbraio scorso l’annuncio di una rete che riguarda anche il Mezzogiorno d’Italia: l’assessore alle infrastrutture della Regione Calabria, Domenica Catalfamo, ha comunicato l’avvio del progetto di fattibilità tecnico economico della Ciclovia della Magna Grecia, dopo la stipula del contratto con la società aggiudicatrice del servizio, avvenuta lo scorso 23 dicembre. Il progetto riguarda le regioni Basilicata, Calabria e Sicilia e, spiega una nota dell’assessorato, “è parte integrante di uno scenario più ampio che vede la stessa Ciclovia inserita negli itinerari ciclabili di lunga percorrenza del territorio europeo. Rappresenta la parte terminale dell’itinerario Eurovelo 7, che attraversa l’Europa per circa 7.400 chilometri lungo la direttrice nord-sud, da Capo Nord in Norvegia fino all’isola di Malta nel Mediterraneo, passando per Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Austria e Italia”. 

Sono 10 le piste del sistema nazionale delle ciclovie. Il tracciato della Magna Grecia ha uno sviluppo complessivo di circa 1.130 chilometri e interessa la Basilicata per circa 100 chilometri (di cui 60 sul versante ionico e 40 sul versante tirrenico), la Calabria per oltre 800 chilometri (di cui 465 sul versante ionico, 305 sul versante tirrenico e 30 sull’asse trasversale istmo Catanzaro-Lamezia Terme) e la Sicilia per 230 chilometri, per intero sul versante ionico dell’isola. Il tracciato ha come punto di partenza Lagonegro (Potenza) e punto di arrivo Pachino (Siracusa). “Si tratta di un progetto importante – dice Catalfamo – che punta a creare nel tratto lucano-calabro-siciliano vere e proprie ‘autostrade delle biciclette’ con una straordinaria valenza ambientale e con importanti riflessi socioeconomici connessi al rilancio turistico ed alle ricadute occupazionali”.

Ma se la vacanza “auto free” è un sogno tutto sommato a portata di mano, resta la grande questione del deficit infrastrutturale dei collegamenti ferroviari. Guardare ai numeri è importante per capire le differenze tra le varie aree del Paese, a cominciare da quella tra i fortunati che possono usufruire delle Frecce e coloro che devono accontentarsi di residui Intercity con tempi incredibili di collegamento tra regioni tutte a Sud: da Potenza a Catanzaro in treno, ad esempio (parliamo di due capoluoghi regionali) si arriva in media in 6/7 ore. Fuori dalle direttrici dell’alta velocità e delle regioni che in questi anni hanno investito nei trasporti, si è finiti dentro un circolo vizioso: servizi scadenti che hanno determinato sempre meno utenti, sempre meno utenti hanno determinato corse sempre più ridotte.

Se è vero, allora, che ovunque si migliora un servizio cresce anche il numero delle persone che ne usufruisce, è comprensibile che sia alta oggi l’aspettativa connessa ai piani di Next Generation Eu. Ma ritorniamo al rapporto Pendolaria 2021 e alle proposte per il Mezzogiorno d’Italia. La questione è legata alla redditività degli investimenti da parte di Trenitalia e Italo e alla indispensabilità di accordi con le amministrazioni regionali. “La riforma, non più rinviabile, deve riguardare le risorse statali che garantiscono i treni nazionali non a mercato: l’attuale offerta di servizio è inferiore del 16,2 percento rispetto al 2010. Per cambiare la situazione è fondamentale mettere a gara il potenziamento di essa, con almeno un treno ogni ora lungo alcune direttrici prioritarie e nuovo materiale rotabile, lungo la Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto, Napoli-Bari, Palermo-Messina-Catania, e un attento coordinamento delle coincidenze con treni regionali e TPL, per cittadini e turisti a muoversi tra le città del Mezzogiorno”.

Fa ben sperare, intanto, il progetto presentato dall’amministratore delegato di RFI, Vera Fiorani, sul tracciato Alta Velocità/Alta Capacità Salerno-Reggio Calabria, con una ipotizzabile bretella Auletta-Tito-Potenza. La nuova linea Salerno-Praia diventa così parte integrante del corridoio europeo Berlino-Palermo, con Salerno che guadagna una seconda stazione a Baronissi-Fisciano (dove si trova l’università) e il Lagonegrese e la Valle de Noce che escono dall’isolamento. Se, infine, vogliamo aggiungere un sogno, che solo a parlarne già ci proietta su un molo, il prosieguo costiero del metrò del mare dalla Campania alla Calabria, passando per Maratea, sarebbe il segnale di un’intelligente politica tra regioni confinanti.