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Tanti centenari, ma il servizio sanitario stenta

I dati di Demoskopika sulla performance sanitaria delle regioni italiane. La Basilicata è “influenzata”.

di Lucia Serino
24 febbraio 2021
6 min di lettura
di Lucia Serino
24 febbraio 2021
6 min di lettura

Pochi ma buoni, abbiamo raccontato per anni. Pochi abitanti ma longevi. È davvero questa la situazione in Basilicata? Era solo un anno fa, prima che la strage degli anziani portasse via abbracci, compleanni e ricordi. A Brienza si festeggiavano, l’8 marzo, i cento anni di Vincenzina F. Un secolo tondo tondo di vita, l’ennesimo premio della longevità lucana, una questione molto femminile. Che dire, infatti, di Giovannina M., nata a Marsico Nuovo il 5 febbraio 1920, cinque figli, undici nipoti, quindici pronipoti, un marito passato a miglior vita già quarant’anni fa. O Donata M., “Renatuccia”, 107 anni di bon viveur festeggiati nel 2018 a Moliterno, o Matilde F. da Tramutola, 101 anni nel 2019. Quale fosse il segreto di tanta longevità in terra lucana (ma anche in molti altri comuni del sud Italia) nessuno se l’era mai chiesto con tanto scrupolo scientifico prima che il Covid-19 arrecasse lutti anche ai lucani e alle comunità di anziani riuniti nelle Rsa, lontani dalle famiglie che generarono.

In realtà, la mancata ospedalizzazione di quasi tutti i centenari, o almeno di quelli immancabilmente fotografati in buona salute davanti alla torta del secolo con candelina unica a beneficio d’ossigeno, risolveva puntualmente con una battuta di entusiasmo ogni report sui disservizi sanitari della regione senza troppo insistere su medie, dati, comparazioni. Aria buona e il destino ci pensa, così andava la vita, prima del Covid.

I titoli dei quotidiani sui “viaggi della speranza” (quelli intrapresi da chi ha bisogno di terapie mediche non disponibili nella regione in cui vive), per quella tendenza a considerare i problemi lontani da noi finché non ci riguardano, non sono mai stati, negli ultimi trent’anni, un “memento” per regioni e governo per ridurre il disequilibrio dell’offerta sanitaria italiana.

Nell’anno uno post Covid la riflessione cambia. Sì, i centenari resistono in Basilicata, ma una rondine non fa primavera e per una bis-bis nonna che giunge al traguardo del secolo, c’è la stragrande maggioranza della popolazione, maschile e femminile, che vede abbassarsi l’aspettativa di vita in relazione alla mancata qualità del sistema sanitario regionale. Gli ultimi dati vengono da Demoskopika che, per il quarto anno consecutivo, ha calcolato l’Ips, l’Indice di performance sanitaria, realizzato sulla base di otto indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato d’esercizio, disagio economico delle famiglie, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, democrazia sanitaria e speranza di vita.

Vediamo cosa dice il report: sei realtà regionali “sane”, nove “influenzate” (tra queste la Basilicata) e cinque “malate”. È l’Emilia-Romagna, la regione in testa per efficienza del sistema sanitario italiano, strappando la prima posizione al Trentino-Alto Adige, mentre Campania, Calabria e Sicilia si collocano in coda tra le realtà “più malate” del Paese. Rispetto allo scorso anno, si riduce l’area delle regioni “sane” (da 9 a 5 realtà), e aumenta il raggruppamento dei sistemi sanitari “influenzati” (da 6 a 9 realtà) mentre resta stabile il cluster delle regioni cosiddette “malate”.

Nel 2019 oltre 1,6 milioni di famiglie italiane “hanno dichiarato di non avere i soldi, in alcuni periodi dell’anno, per poter affrontare le spese sanitarie necessarie per curarsi, con un incremento dell’area del disagio pari al 2,3 percento rispetto all’anno precedente. Ben 36 mila nuclei familiari in più”.

L’Emilia-Romagna, con un punteggio pari a 107,7 conquista la vetta di un soffio, spodestando il Trentino-Alto Adige (107,6 punti), immediatamente seguita dal Veneto (105,6 punti), che mantiene la stessa posizione del 2019 nel medagliere dei sistemi più performanti del Paese. Seguono, tra i migliori sistemi sanitari locali, Umbria (105,5 punti), Lombardia (104,9 punti) e Marche (104,8 punti).

I punteggi delle nove regioni “influenzate”: Toscana (104,2 punti), Friuli-Venezia Giulia (104,0 punti), Lazio (103,7 punti), Piemonte (102,8 punti), Valle d’Aosta (100,8), Liguria (100,0), Sardegna (99,4), Abruzzo (98,1 punti) e, infine, Basilicata (97,9 punti). Sono tutte del Sud, infine, le rimanenti regioni che occupano l’area dell’inefficienza sanitaria, dei sistemi etichettati come “malati” nella classifica di Demoskopika: Puglia (97,4 punti), Molise (97,1 punti), Sicilia (93 punti), Calabria (90,9 punti) e, in coda, il sistema sanitario della Campania con 88,6 punti.

 È anche vero che, per la sua posizione geografica e per una densità abitativa contenuta in relazione alla disponibilità dei servizi, la Basilicata è una regione attrattiva per il resto del Sud. Infatti l’indice di mobilità attiva, cioè l’indice di “attrazione” che indica la percentuale, in una determinata regione, dei ricoveri di pazienti residenti in altre regioni sul totale dei ricoveri registrati nella regione stessa, pone la Basilicata (111,6 punti) al secondo posto (Molise in testa), prima dell’Emilia-Romagna (106,8 punti) e dell’Umbria (106,4 punti). Nel gioco delle proporzioni e delle percentuali, però, bisogna fare attenzione a non generare equivoci. In valori assoluti, sono principalmente cinque le regioni che attraggono il maggior numero di pazienti non residenti: Lombardia (165 mila ricoveri extraregionali), Emilia-Romagna (109 mila ricoveri extraregionali), Lazio (79 mila ricoveri extraregionali), Toscana (64 mila ricoveri extraregionali) e Veneto (59 mila ricoveri extraregionali).

E arriviamo all’aspettativa di vita. Lo studio di Demoskopika utilizza la speranza di vita quale indicatore per misurare l’efficacia dei sistemi sanitari regionali. A guadagnare il podio della classifica si piazzano ex aequo il Trentino-Alto Adige e l’Umbria che, con una speranza di vita media più elevata rispetto al resto d’Italia, pari a 84,1 anni, ottengono il punteggio massimo (113,6 punti). Seguono Marche (112,1 punti), Veneto (110,6 punti), Lombardia e Toscana (107,5 punti), Emilia-Romagna (105,9 punti) e Friuli- Venezia Giulia (104,4 punti). Quattro, infine, le realtà regionali caratterizzate da una vita media più bassa: Campania (76,7 punti), che con una speranza di vita pari a 81,7 anni produce la performance peggiore, Sicilia (82,1 punti), Calabria e Basilicata (82,5 punti).

Insomma, per tornare ai nostri centenari, non è tutt’oro quello che luccica dietro la foto di una torta con la candelina del secolo. Ma noi speriamo che ce ne possano essere ancora tante su cui soffiare.