Il documento strategico 2020-2030 della regione Basilicata offre una nuova visione dello sviluppo affidato a un piano infrastrutturale che integra gli storici interventi Nord-Sud.
Forse servirà anche alzare lo sguardo al cielo, magari dal Planetario dell’Osservatorio astronomico di Anzi, provincia di Potenza, per capire qual è la buona stella che accompagnerà gli uomini e le donne, sempre meno numerosi, della Basilicata nel prossimo 2022. Ma sarà più utile accompagnare i giorni con le opere, avendo un’idea chiara di quello che serve a questo territorio, considerato piccolo ma che tanto piccolo non è, quasi il doppio della Liguria e meno di un terzo della popolazione, per avere una misura di riferimento. Bisognerà decidere, con le variabili delle varianti che non sfuggono neppure qui, se quel paesaggio lunare dei calanchi argillosi tra i fiumi Agri e Cavone o le discese rapide dei canyon della gravina materana o le risalite delle dolomiti di Pietrapertosa devono rimanere solo un set cinematografico o devono essere innanzitutto luoghi capaci di dare una prospettiva di futuro a chi li abita. Serve allora uno sguardo nuovo d’insieme, e prova a darlo la regione Basilicata con un documento strategico decennale (da qui al 2030, data simbolica per gli appuntamenti europei in tema di sostenibilità), che spezza una separatezza storica, quella tra Nord e Sud, e propone una cucitura trasversale da est a Ovest. Le misure finora intervenute sulla base di questa distinzione (è questo lo spirito del ragionamento del documento programmatico che doveva essere adottato a inizio della nuova consiliatura della Giunta Bardi e che è stato rinviato causa Covid) non hanno funzionato come acceleratore di sviluppo soprattutto perché, cessati gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, sono stati lasciati dei vuoti o delle incompiute.
Una prospettiva geografica diversa
La Basilicata è l’Osso del Mezzogiorno d’Italia, cioè area interna del Sud. Se la geografia influenza, da essa però non può dipendere il destino di una comunità. Esiste sempre un Sud di un altro Sud; esiste anche, a cerchi concentrici, un’area sempre più interna, un epicentro dell’isolamento geografico, lontano dalle traiettorie delle grandi infrastrutture e progressivamente abbandonato a mano a mano che quelle si rafforzano lungo le dorsali tirreniche e joniche dello Stivale. E allora, se la prospettiva si sposta in diagonale, muta radicalmente il quadro del cammino dello sviluppo, riempendo i vuoti di collegamento e servizi mai colmati. Siamo oggi dentro i processi delle grandi transizioni, ma c’è una specificità tutta lucana che va affrontata. Eloquente questo passaggio del documento programmatico che diventerà Piano strategico secondo l’iter dello Statuto regionale: “La direzione dei nuovi programmi europei e nazionali è orientata ad aprire nuovi cicli di investimenti, lasciando incompleti i cicli di investimenti aperti nel passato, pur strategici sul futuro della regione ai fini della parificazione dei punti di partenza. La Basilicata non può non contribuire, per la sua parte, in quanto regione europea, a contrastare gli effetti del cambiamento climatico ed a perseguire le vie segnate dalla transizione (verde, ecologica, digitale) ma non può accettare i costi della rinuncia alla parificazione delle sue condizioni strutturali ed infrastrutturali, pena il suo declino irreversibile”. Per identificarne le tracce e prospettare scenari per il decennio ‘20-‘30, la nuova visione del futuro lucano ricorre dunque all’analisi dei dati di tipo strutturale – di medio e lungo periodo- piuttosto che all’analisi dei dati congiunturali, ai fini di acquisire una maggiore conoscenza dei fattori che determinano o ostacolano lo sviluppo regionale.
Demografia, tasto dolente
Centrale nel ragionamento è la questione dello spopolamento, con un quadro che vede oggi forme di resistenza demografica nei sistemi urbani di Potenza, Matera, del Vulture e del Metapontino e il rapido avanzamento di processi di desertificazione demografica in molte aree non urbane, prevalentemente quelle dell’Appennino lucano, con la scomparsa di molti dei comuni che attualmente sono sotto la soglia di 1.000 residenti. Diminuiscono i consumatori, si restringono i mercati, cresce il costo del welfare di una popolazione anziana, si ridimensionano le strutture amministrative, si dismettono servizi operativi. Il piano imputa alla riduzione della spesa pubblica per investimenti infrastrutturali il ristagno dell’economia locale e l’innesto di tendenze recessive. Pianificando un’integrazione delle reti infrastrutturali nord-sud con nuove reti est-ovest è possibile provare a contrastare le tendenze centrifughe e garantire l’unità territoriale della Basilicata. Serve, insomma, una riconnessione del Mezzogiorno continentale, in linea con le tendenze nazionali volte ad integrare i grandi corridoi nord-sud con le trasversali Tirreno-Adriatico per riannodare lo scambio di beni e servizi, interni ed extraregionali. È prevista anche l’ipotesi di destinare una quota delle royalties per la costituzione di un Fondo, destinato a sostenere imprese operanti nelle attività di mercato, che si localizzano nel perimetro delle aree interne (perimetro da allargare a tutto il territorio regionale con altitudine superiore a 300 m).
Il rafforzamento dell’imprenditoria endogena
Questa è la priorità da portare in sede di negoziato tra la regione e la governance della nuova programmazione europea. Alla domanda finale su quali imprese contare per progettare e gestire gli scenari di sviluppo nel decennio 2020 -2030, il piano strategico propone come prioritario il rafforzamento del potenziale di risorse imprenditoriali “endogene”, considerato che il vero valore scarso non sono le risorse, ma la capacità organizzativa, capacità essenzialmente imprenditoriale, consistente nell’organizzare le risorse potenzialmente disponibili per incanalarle verso iniziative di produzione di beni e servizi e di creazione di posti di lavoro. Sarà utile questa strategia? “C’è in ogni caso una necessità – sostiene il governatore Vito Bardi – cioè quella di cambiare per contrastare le tendenze regressive dell’economia e della società. È nostro dovere provarci”. L’alternativa, per tornare al punto di partenza, è il “progetto Anzi”, arrivare nella cupola dal diametro di 12 metri del bellissimo e poco conosciuto Planetario e da lì provare a capire cosa dicono le circa 4.500 stelle del cielo boreale, dalle costellazioni di Cassiopea allo Zodiaco, per avere un’idea del nostro 2022. Buon anno Basilicata.