10/11/2023 - Ancora un’altra settimana e, se non ci saranno sorprese dell’ultima ora, il decreto Sud, già approvato dalla Camera, con il sì del Senato, diventerà legge. È, ad oggi, la più grande riforma (porta la firma del ministro Fitto) dopo quella istituzionale, nell’agenda di Governo, e riguarda l’attrattività e la facilitazione degli investimenti nel Mezzogiorno del Paese. I distinguo sulla novella legislativa non mancano, anche di tipo costituzionale, ma l’impianto della riforma in dirittura d’arrivo rappresenta innanzitutto un mutamento sostanziale del modo di intendere il Sud in relazione ad altre zone omogenee e marginali dell’Europa. L’istituzione di una zona economica speciale unica (accompagnata dall’introduzione delle zone doganali franche) è, cioè, il nuovo metro di misura di un’area che finora eravamo stati abituati ad affrontare “a macchia di leopardo”, una categoria derivata dalle differenze iperlocali di territori che, pur sotto un denominatore geografico comune, presentavano e, in verità ancora presentano, specificità e identità talvolta persino confliggenti. Ora la prospettiva vista da Sud, nella visione globale europea, è mutata. Questo dice innanzitutto la legge di riforma. La geografia amministrativa, cioè, non coincide più con la geografia economica, intervenire sulle “aree vaste” è, nello spirito della legge, l’unico modo per competere con omologhe aree di altre fette del vecchio continente. Sull’operatività, le risorse e le strutture per far funzionare la riforma, non ci resta che attendere.