05/05/2023 - Non c’è giorno in cui non si discuta di ambiente. Da una parte all’altra del Paese si moltiplicano incontri, confronti, discussioni. I temi trattati sono ricorrenti, il distretto di economia circolare e il ruolo che essa può giocare nella lotta ai cambiamenti climatici. E ancora siccità e dissesto, rigenerazione e salvaguardia del suolo, agricoltura sostenibile. Una convinzione sembra avanzare. E cioè che i processi evolutivi non sono e non possono essere una traumatica cesura tra il nuovo che avanza e il vecchio che muore, bensì una ragionevole transizione la quale – appunto – è un transito che passa attraverso le nuove emergenze e le nuove sensibilità senza scartare le conquiste e i punti fissi della ricerca pregressa. Lo spiega bene un romanzo, l’ultimo scritto da Elena Stancanelli, “Il tuffatore” (La nave di Teseo). È l’avvincente narrazione della parabola di Raul Gardini ma anche il racconto di un’epoca, il secondo Novecento, in cui “forma e contenuto hanno coinciso. C’erano le mezze stagioni, le fragole sapevano di fragola e la braciolina di braciolina, senza che nessuno dovesse preoccuparsene. Il patto era che la realtà esisteva ed era quella che avevamo davanti agli occhi. Fine”. È l’epoca nella quale molte delle preoccupazioni odierne, come lo smaltimento delle microplastiche, non erano minimamente contemplate e anzi, in alcuni casi erano addirittura glorificate. Basti pensare al Nobel ricevuto nel 1963 da Natta per l’invenzione del polimero della plastica e il carosello della Moplen affidato a Gino Bramieri. La storia della plastica è esemplare. In un’epoca velocissima abbiamo trasformato in nemico numero uno quello che quando fu scoperta ci appariva come il grande alleato della modernità. Salvo a riscoprirla come necessaria nei mesi del Covid per i ventilatori polmonari ma anche per guanti, salviette detergenti, protezioni per i piedi, cuffie, rivestimenti per sedie, kit di abbigliamento per medici e operatori sanitari. Bene, dunque, anche un romanzo se ci aiuta a ragionare sugli eccessi più che a demonizzarli. Serve avere comportamenti corretti piuttosto che fare crociate. In questo senso ben vengano gli Stati generali dell’Ambiente, se contribuiscono a radicare la cultura della neutralità non solo tecnologica ma anche ideologica rispetto al progresso.