09/04/2021 - Partiamo da un dato positivo e incoraggiante. La Basilicata dei piccoli numeri che non era riuscita a mettere su un meccanismo certo di prenotazioni vaccinali, sbertucciata nel panorama nazionale da chi ostentava piattaforme informatiche di proprietà, che non sono servite però ad evitare i furbetti delle dosi anti-Covid, la Basilicata del generale Figliuolo si “è affidata” al soccorso logistico del Governo. Da martedì scorso, nel giro di qualche ora, in maniera rapida e trasparente, (quasi) tutta la popolazione fragile della regione ha potuto prenotare il proprio turno, con data certa, nel luogo e all’orario preferiti. Un metodo civile ed equo, non soggetto all’ulteriore chiamata, a volte selettiva e discrezionale, dell’operatore pubblico.
In questo momento giustizia sociale significa innanzitutto garantire il diritto alla salute a tutti, e bene ha fatto la Basilicata a chiedere aiuto. In fondo è quello che aveva suggerito Monsignor Ligorio, il presidente della Conferenza episcopale lucana, alla vigilia di Pasqua, ed è quello che indica il buonsenso della gestione contenuta dei dati e dei casi della regione. I furbi restano, qua e là, ma a volte anche le buone pratiche rischiano di essere contagiose. E allora partiamo da questa soluzione organizzativa finalmente arrivata dopo tante polemiche per provare a disinnescare anche l’altra bomba sociale di cui parlava il vescovo, quella del lavoro e dei bisogni. Ci sono focolai di protesta diffusi, incertezze, crepe di diseguaglianza sociale che sono già una polveriera esplosa altrove, mentre le classifiche contribuiscono a inacidire il conflitto ricordandoci che aumentano i poveri ma anche i paperoni, uno ogni 17 ore. Il mondo visto così è solo un eccesso, o caporali o sfruttati. Esiste, come in tutte le guerre, la borsa più o meno nera dell’economia della catastrofe. Per fortuna esiste anche un’altra via, solidale, e di costruzione del bene comune. Guardiamo alla politica di quello che si può fare a casa nostra, tutto sommato non sono necessari i caschi blu dell’Onu, come in anni passati qualcuno metaforicamente suggeriva, per trovare una via lucana d’uscita dalla crisi nera. In maniera autenticamente costruttiva si possono cominciare a smussare le contraddizioni di chi dice di cogliere l’appello del vescovo lucano per un patto di collaborazione sociale e poi magari soffia sul fuoco per rigidità di rappresentanza. Vale per tutti, ovviamente, istituzioni, organizzazioni sindacali, sistema industriale.
Nell’ultimo incontro organizzato da questa rivista, Orizzonti, si discuteva, tra l’altro, del sacrosanto diritto al dissenso sociale che va bilanciato – a maggior ragione in tempi incerti come questi – anche dal dovere della costruzione del consenso, meglio ancora, della condivisione. Ascoltare le ragioni dei disperati è obbligatorio, un po’ meno agitare soluzioni spicce e reazionarie immaginando che si possa tornare a dove eravamo rimasti, facendo finta che non sia successo nulla. Invece è successo qualcosa, per tutti, per chi lavora e per chi fa impresa.
La Basilicata si è fatta aiutare, in maniera terza, da un suo conterraneo, il generale Figliuolo, sul piano sanitario. Ci aspettiamo ora che il generale Bardi sia il garante di un vero equilibrio ricognitivo su quello che c’è da fare in questa piccola regione per evitare che si vada in ordine sparso. A parole dichiarano tutti di voler raccogliere l’appello di monsignor Ligorio, salvo rivelarsi, nei fatti, fedeli testimoni della sempre attuale filosofia di Seneca: parlo della virtù, non di me. È arrivata invece l’ora di aprire le piccole autarchie corporative e creare degli istmi di dialogo vero. Del resto questa regione, almeno da 30 anni a questa parte, ha sempre dimostrato di essere, come si diceva un tempo, un laboratorio, un esempio di nuove rotte. Nessuna fantasia creativa al potere, ma un modo intelligente, sensato, di gestione delle priorità, come per i vaccini.