05/03/2021 - Il fatto non è da nascondere, e certamente non ha intenzione di farlo questa newsletter. Nei giorni scorsi il tribunale di Potenza ha emesso una sentenza di primo grado, in un processo che aveva come imputati - tra gli altri - alcuni dirigenti Eni. Anche se una parte significativa delle accuse è caduta nell’istruttoria - quelle riguardanti il reato di falsità ideologica in atto pubblico - l’azienda è stata condannata per “traffico illecito di rifiuti”. Un’ipotesi di reato dalla quale Eni si difenderà con forza in appello, e che contesta in quanto non solo “convinta che l’operato del Centro Olio Val d’Agri e dei propri dipendenti sia stato svolto nell’assoluto rispetto della normativa vigente”, ma certa anche che al COVA si sia agito e si agisca sempre in base a best practice internazionali e con tecnologie avanzate e sicure.
Non è certo questa la sede per ulteriori disamine tecniche: non mancheranno occasioni in cui confrontarsi con trasparenza sui principi di legittimità e di correttezza in uso al Centro Oli, sulla tutela dell’ambiente. Né ci spetta, ovviamente, entrare nel merito di complesse disquisizioni legali. È nei tribunali che si accerta la verità giuridica, e nella giustizia si ha fiducia sempre, non a fasi alterne o secondo convenienza.
L’importante è discutere di tutto con sobrietà e piena trasparenza, evitando di finire nelle secche della propaganda faziosa o delle strumentalizzazioni. A questa linea di condotta ci siamo sempre attenuti e continueremo ad attenerci.
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