19/03/2021 - Non è neppure il caso di ricordare che la nostra è l’epoca della comunicazione in tempo reale, onnivora e pervasiva, che dilaga in ogni spazio o momento della nostra esistenza. Così come è abbastanza astratto discutere se, come o perché fare a meno di questo bombardamento quotidiano: in fondo tutti ne siamo protagonisti e vittime, a seconda del tema toccato, dell’interesse che proviamo per uno o l’altro degli spunti del giorno. E dunque, che comunicazione sia.
Quando parliamo però di comunicazione pubblica, la questione è un po’ diversa. Chi governa ha il dovere di comunicare in un certo modo: con sobrietà, mai nascondendo le cose, ma neppure alimentando il continuo rincorrersi di voci, ipotesi e retroscena. Perché, soprattutto in una fase di emergenza in cui le antenne dell’opinione pubblica sono al livello massimo di sensibilità, cadere in un eccesso di comunicazione (come anche nel suo opposto, intendiamoci), può provocare effetti molto pesanti. Per questo ci piace sottolineare l’atteggiamento tenuto dal governo in occasione della sospensione per alcuni giorni del vaccino AstraZeneca, che ha generato una diffusissima preoccupazione ovunque (anche in Basilicata, dove sono presenti 1500 dosi del lotto ABV2856, mai somministrate).
Da parte del presidente del Consiglio Draghi nessuna dichiarazione nei giorni scorsi, un lavoro discreto per accelerare la soluzione dell’intricata vicenda, fino alla buona notizia di ieri, che rassicura tutti e può consentire la ripartenza di un’intensissima campagna di vaccini a tappeto, che è la vera necessità del momento. Quindi: comunicare certo, ma nelle dosi e con i tempi giusti.