05/02/2021 - In Basilicata il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) nel 2019 si attestava al 37,7 percento; nel primo semestre del 2020 si è ridotto del 2,4 percento, tornando quasi ai livelli del 2008 (35 percento). È una strage rosa quella che si evince leggendo le ultime cifre del rapporto Istat su lavoro e Covid.
La crisi della pandemia è stata pagata, sul piano del lavoro, quasi esclusivamente dalle donne, perché sono soprattutto loro a stare dentro il girone infernale dei contratti a termine, delle collaborazioni, dei contratti a progetto, cioè il fantasioso mondo della flessibilità che nei momenti di crisi ha mostrato fragilità e rischi.
Margherita Perretti, presidente della Commissione regionale pari opportunità di Basilicata, imprenditrice e storica esponente confindustriale, rilancia una proposta molto seria: “Occorrerebbe una valutazione di impatto di genere su tutte le leggi, i decreti, i provvedimenti sia regionali che nazionali, così da analizzare ciascuna norma in base all’impatto che avrà sulla riduzione delle discriminazioni”.
Nell’ultimo mese del 2020 ci sono stati in Italia 101mila occupati in meno. Di questi, 99mila sono donne. L’occupazione femminile, già ai minimi europei, si è ridotta nel secondo trimestre 2020 di circa 470.000 unità nel Paese.
La situazione rischia di peggiorare ulteriormente nel momento in cui verrà rimosso il divieto di licenziamento e l’aggiustamento occupazionale rischierà di ricadere soprattutto sulle donne, a meno che non si assumano provvedimenti compensativi che considerino il genere.
“Le regioni meridionali – sottolinea Perretti – sono le ultime tra quelle dell’Unione europea per tasso di occupazione femminile. L’emergenza sanitaria ha cancellato l’incremento di occupazione femminile faticosamente conseguito fino al 2018, riportandola ad un punto sopra i livelli del 2008. Nel Mezzogiorno si è scesi al 31,7 percento nel secondo trimestre 2020 (era il 31,3 percento nel 2008), percentuale contenuta solo grazie al calo demografico. Va evidenziato – aggiunge - che quell’incremento del tasso di occupazione femminile conseguito dal 2008 al 2019 concerne posti di lavoro non qualificati, situazioni contrattualmente precarie, part-time o a tempo determinato. Quasi il 25 percento delle donne meridionali ha un contratto a termine da almeno 5 anni, contro il 13 percento delle donne settentrionali”.
Come si vede dalle cifre, la Basilicata, nel disastro Mezzogiorno, conserva qualche percentuale più vantaggiosa. Magra consolazione, ma pur sempre un piccolo punto di forza da cui ripartire. “La parità di genere – sostiene Margherita Perretti – non va trattata solo come un tema di equità sociale e coesione, è soprattutto un tema di ammodernamento del Paese. Esiste un’offerta qualificata di lavoro femminile, manca la domanda, a causa della segregazione orizzontale e verticale e della discriminazione. Dobbiamo evitare che lo smartworking diventi una forma di lavoro riservata alle donne, diventando così una forma implicita di discriminazione”.
Eni Staff