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I serbatoi e la messa in sicurezza del COVA

La fuoriuscita di greggio dal serbatoio D e le azioni di risposta di Eni per contenere la perdita e garantire la sicurezza ambientale.

Nel febbraio 2017 è stata riscontrata una perdita da uno dei serbatoi di stoccaggio del Centro Olio Val d’Agri. La perdita è stata originata dal serbatoio D quando lo stesso era già fuori esercizio in previsione di manutenzione. Il serbatoio, infatti, era stato svuotato ed era presente solamente un residuo di petrolio sul fondo.

La perdita è stata stimata in circa 400 tonnellate, di cui la maggior parte, circa l’85%, già recuperata, all’interno e all’esterno del COVA, mediante gli interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) prontamente attuati. Il petrolio si è incanalato nella linea di drenaggio preesistente (Fossa del Lupo), ha interessato lo strato superficiale del terreno e il relativo acquifero, propagandosi fino alla strada interna dell'area industriale. Qui ha incrociato la tubatura del depuratore dell'ASI, ubicata a meno di 300 metri dal confine del COVA, punto in cui si è fermato, evitando il suo propagarsi verso valle.

La perdita del serbatoio del COVA è stata superficiale e contenuta dagli interventi di recupero che hanno tenuto in considerazione il flusso dell’acqua sotterranea e la morfologia naturale dell’area industriale di Viggiano-Grumento Nova. Le indagini ambientali e i monitoraggi hanno escluso la contaminazione delle acque superficiali e delle falde acquifere profonde. 

La planimetria dell’area interessata dallo sversamento del febbraio 2017

La planimetria dell’area interessata dallo sversamento del febbraio 2017.

La messa in sicurezza del COVA

Le operazioni di messa in sicurezza che Eni ha attuato, tenuto conto della situazione geologica e idrogeologica dell’area in cui si trova il COVA, hanno assicurato che la perdita restasse  contenuta all’interno della Fossa del Lupo e confinata nella parte più superficiale del terreno  all'interno dell'area industriale di Viggiano.

A partire da febbraio 2017, immediatamente dopo lo sversamento, sono state avviate le attività di MISE attraverso  155 punti sondaggio, ubicati all'interno e all'esterno del COVA,  per delimitare l’area interessata dalla contaminazione. Di questi, 129 sono stati attrezzati a piezometro allo scopo di monitorare la qualità della falda superficiale con analisi chimiche delle acque e per verificare nella stessa la presenza di olio. 

Le azioni di MISE hanno consentito di implementare 5 barriere idrauliche costituite da 38 pozzi/piezometri in totale. In particolare, due di queste barriere si trovano all’interno del COVA: la principale, costituita da 8 pozzi a grande diametro, si sviluppa lungo il perimetro meridionale e la seconda, costituita da 9 pozzi, è nel perimetro ovest. Le restanti 3 barriere sono state realizzate all’esterno del COVA, lungo la Fossa del Lupo, e si trovano, da monte verso valle, in area GDM (8 piezometri), in area Danella (9 piezometri) e in area Cuozzo (4 piezometri). Tutti i pozzi/piezometri sono equipaggiati con sistemi di recupero dell’olio (ad eccezione della barriera Cuozzo dove l’olio non è mai arrivato) e dell’acqua contaminata.

L’acqua emunta viene trattata da impianti dedicati, appositamente installati, e successivamente conferita in pubblica fognatura nel rispetto dei limiti di legge. Le attività di messa in sicurezza hanno garantito che l’olio sversato non superasse la strada statale SS598. Inoltre, i monitoraggi analitici hanno dimostrato che le falde e le acque superficiali che raggiungono il Lago del Pertusillo non sono mai state interessate dalla contaminazione. Le indagini e i pompaggi previsti dalla messa in sicurezza resteranno attivi fino al completamento delle attività di risanamento dei suoli e della falda.

Il trattamento delle acque di falda: impianti mobili e sostenibilità ambientale

Nell’ambito della MISE sono stati progettati e installati da Eni Rewind, in linea con le normative vigenti, 3 impianti mobili per il trattamento  delle acque di falda. Tali impianti, in marcia dal 2018, trattano complessivamente circa 17.000 m3 di acque al mese. Con l’installazione di 3 impianti mobili si è potuto evitare la movimentazione delle acque tramite autobotti (680 autobotti/mese) verso altri siti di trattamento.

L’iter ambientale verso il risanamento

Il Piano di Caratterizzazione del COVA (PdC) è stato approvato il 19 maggio 2017. Le attività, avviate nel novembre del 2017 e concluse in anticipo rispetto alle tempistiche previste, hanno contemplato la realizzazione di 188 punti di indagine, di cui 109 attrezzati a piezometri. Il rapporto di caratterizzazione, contenente i risultati delle attività, è stato presentato nel settembre 2018 ed è stato esaminato  dagli enti competenti nel corso della Conferenza dei Servizi del 5 dicembre 2018. In tale occasione la Regione Basilicata ha preso atto del documento e richiesto alcune attività integrative sancite con Determina di Giunta regionale n.47 del 22 gennaio 2019.

Il rapporto di caratterizzazione aggiornato con le integrazioni richieste è stato discusso nella Conferenza dei Servizi del 13 febbraio 2020 durante la quale la Regione Basilicata ha richiesto a Eni di procedere con l’elaborazione dell’analisi di rischio sito-specifica che risulta in fase di finalizzazione e prossima condivisione con gli enti.

Come sono fatti i serbatoi del COVA

I serbatoi del COVA sono stati realizzati nel 1998 in accordo con lo standard “API 650 Welded Steel Tanks for Oil Storage 9th Edition” come decine di migliaia di analoghi serbatoi nel mondo. Sono entrati in esercizio nel 2001 dopo aver ottenuto tutte le approvazioni necessarie richieste dalla normativa vigente, come si può evincere dalle autorizzazioni rilasciate da tutti gli Enti competenti e a vario titolo interessati nei procedimenti autorizzativi. I serbatoi del COVA sono di tipo a tetto galleggiante a pressione atmosferica, in lamiera d’acciaio al carbonio. Ogni serbatoio è dotato di un bacino di contenimento indipendente realizzato in cemento, i cui giunti sono resi impermeabili mediante apposite sigillature. Ogni bacino di contenimento, come richiesto dalla normativa vigente per i serbatoi di categoria A e coerentemente a quanto previsto dall’AIA, è dimensionato per contenere l’intero volume di ciascun serbatoio in caso di perdita o cedimento strutturale del mantello laterale. Le fondazioni di ciascun serbatoio sono costituite da:

  • primo strato formato da magrone, un calcestruzzo cosiddetto “magro” composto da un misto di materiali inerti (sabbie, pietrisco e cemento), avente spessore 10 centimetri e usato come fondazione per costituire il piano orizzontale d’appoggio
  • secondo strato formato da un misto di rocce da cava di varia granulometria e compattato meccanicamente per un totale di circa 2 metri
  • terzo strato (a contatto con il fondo del serbatoio) formato da conglomerato bituminoso avente spessore di 80 mm.
Nel 2013 Eni ha comunicato agli enti un programma per la realizzazione dei doppi fondi su tutti i serbatoi del COVA entro il 2017. Tale programma è stato completato.

Nel 2013 Eni ha comunicato agli enti un programma per la realizzazione dei doppi fondi su tutti i serbatoi del COVA entro il 2017. Tale programma è stato completato.